UE: ECOFIN aggiorna la Blacklist dei paradisi fiscali

Di Marilisa De Nigris -

ll Consiglio Ecofin riunitosi a Bruxelles ha recentemente aggiornato la c.d. “blacklist” dei paradisi fiscali.

Il 12 marzo 2019 ai cinque Paesi già presenti nella famigerata “lista nera” sono stati aggiunti altri dieci, anche Abu Dhabi è entrata a far parte della “lista nera” nonostante la dichiarata opposizione dell’Italia che ha provato fino all’ultimo momento ad evitare il provvedimento, ottenendo, però, solo la possibilità di modificare l’elenco non appena gli Emirati si saranno messi in regola.

Nello specifico, rimangono nella black list: le Samoa americane, Guam, Samoa, Trinidad e Tobago e le Isole Vergini; vengono aggiunte: Aruba, Barbados, Belize, le Bermuda, Dominica, Fiji, Isole Marshall, Oman, Emirati Arabi e Vanuatu.

Da una nota diffusa dalla Commissione si evince che l’aggiornamento della lista “mostra che questo processo chiaro, trasparente e credibile ha prodotto un vero cambiamento: 60 Paesi hanno agito a favore della Commissione e sono stati eliminati oltre 100 regimi dannosi”, ed ancora “la lista nera ha anche influito positivamente sugli standard di buona governance fiscale concordati a livello internazionale”.

I nuovi provvedimenti hanno ad oggetto, essenzialmente, Stati che non hanno attuato gli impegni annunciati entro la scadenza fissata dalla Ue; si tratta di Paesi connotati da giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali. Pertanto, gli eventuali rapporti finanziari con essi saranno soggetti ad un particolare controllo da parte delle autorità comunitarie e nazionali.

Appare necessario ricordare che già nel 2017 era stata stilata una prima black list contenente 17 Paesi, contestualmente era stata data alla luce anche una “grey list” di 47 Paesi da tenere sotto stretta osservazione. Ad oggi invece, la lista aggiornata conta un totale di 15 Paesi, di cui 5 facenti già parte della lista del 2017, mentre dieci provenienti dalla precedente grey list. La nuova lista è stata implementata dando vita ad un lungo processo di osservazione, analisi e dialogo con i Paesi coinvolti, diretto dalla Commissione Europea.

In effetti, nel corso del 2018, la Commissione ha “messo sotto esame” 92 Paesi facendo ricorso essenzialmente a tre criteri: trasparenza fiscale, buon governo e attività economica reale.

Più specificamente tre giurisdizioni, Barbados, Emirati Arabi Uniti e Isole Marshall, già presenti nella black list e quindi trasferite nella lista grigia di cui fanno parte gli Stati che hanno assunto l’impegno ad adeguarsi agli standard, sono state nuovamente incluse nella black list assieme ad altri sette 7 Stati, trasferiti dalla lista grigia a quella nera perchè non hanno ancora raggiunto tale obiettivo.

A fronte di quanto realizzato, però, è comunque da sottolineare che  non si sono registrati passi significativi in relazione alla c.d. web tax a livello europeo, testo presentato dalla Presidenza romena. I lavori per arrivare ad una tassazione delle imprese digitali procederanno, quindi, in seno all’Ocse. “Se nel 2020 si constaterà che l’accordo a livello Ocse richiederà più tempo, il Consiglio potrebbe tornare a discutere la web tax se lo ritiene necessario” questo quanto dichiarato dal Ministro romeno dell’economia Orlando Teodorovici, Presidente di turno dell’Ecofin.

Il commissario agli Affari Economici, Moscovici, ha poi aggiunto che se entro fine anno 2020 non sarà trovato un accordo a livello globale, sarà necessario tornare a discutere sulla proposta comunitaria, che pertanto non sarà ritirata dall’esecutivo di Bruxelles e resterà valida.

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