Primo rapporto sullo stato di diritto della Commissione Europea a guida Ursula von der Leyen: Italia promossa per la sua battaglia alla corruzione, ma restano ancora importanti margini di miglioramento

Di Antonio De Lucia -

Il 30 settembre 2020 la Commissione UE ha presentato la prima relazione sullo stato di diritto nell’Unione.

Il rapporto è incentrato sui quattro pilastri principali posti a base dello stato di diritto: sistemi giudiziari nazionali; quadri anticorruzione; pluralismo e libertà dei media; questioni relative al bilanciamento dei poteri fondamentali per un sistema efficacie di governance democratica. Si tratta di una sintesi della situazione generale dello Stato di diritto nell’Unione europea articolato in 27 capitoli dedicati a ciascuno Stato membro, di valutazioni specifiche circa gli sviluppi significativi legati allo Stato di diritto. I capitoli per ciascuno Stato membro si basano su una stima qualitativa effettuata dalla Commissione e costituiscono una sintesi degli sviluppi significativi, introdotti da una breve descrizione fattuale del quadro giuridico e istituzionale rilevante per ciascun pilastro, da gennaio 2019.

La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato in tale contesto: “Lo Stato di diritto e i nostri valori condivisi sono alla base delle nostre società. Fanno parte della nostra identità comune di europei. Lo Stato di diritto difende i cittadini dalla legge del più forte. Pur avendo standard molto elevati in materia di Stato di diritto nell’UE, abbiamo anche diversi problemi da affrontare. La Commissione europea continuerà a collaborare con le autorità nazionali per trovare soluzioni al fine di garantire i diritti e le libertà nella vita quotidiana dei cittadini.”

Dalla relazione si evince , in nuce, che  nei settori esaminati dalla stessa i risultati ottenuti sono positivi e gli sforzi di miglioramento posti in essere e tesi a rafforzare e garantire elementi apprezzabili: indipendenza della magistratura e riduzione dell’influenza del potere esecutivo o legislativo sul sistema giudiziario; raggiungimento e miglioramento di libertà e pluralismo dei media, soprattutto in relazione alla pandemia di coronavirus,  un bilanciamento dei poteri a livello istituzionale da valutarsi come fulcro vitale dello Stato di diritto e garanzia che il potere esercitato da un’autorità statale sia soggetto a un controllo democratico. Da sottolineare, poi, che in diversi Stati membri sono state avviate riforme costituzionali per rafforzare i sistemi di bilanciamento dei poteri istituzionali.

Soffermandosi, in particolare, sui quadri anticorruzione, dalla relazione in esame si deduce che, a fronte di attività organiche poste in essere da molti Membri dell’UE, per altri sono state, quantomeno, predisposte misure in tal senso. L’ attività, in particolare è tesa ad adottare misure per rafforzare il proprio quadro per l’integrità e la prevenzione della corruzione.  Alcuni Stati hanno adottato misure volte a rafforzare la capacità del sistema di giustizia penale di combattere la corruzione. In diversi Stati membri permangono ancora difficoltà in merito all’efficacia delle indagini penali, delle azioni penali e delle decisioni giudiziarie sui casi di corruzione, compresa la corruzione ad alto livello. L’attenzione resta alta su Ungheria, dove mentre da un lato si riconosce che la lotta alla corruzione è funzionale in alcuni casi, in altri si constata la mancanza di “azioni risolute” per avviare le indagini penali e perseguire casi di corruzione che coinvolgono funzionari di alto livello o la loro cerchia ristretta e Malta, dove, nel 2017 è stata assassinata la giornalista anticorruzione Daphne Caruana Galizia.

Il rapporto, in particolare, promuove l’Italia e l’azione anticorruzione messa in campo, anche se sottolinea alcune carenze della giustizia che rimane, per alcuni versi lenta e congestionata. Quanto al fenomeno corruzione, la Commissione ricorda che la legge del gennaio 2019 ha stretto le sanzioni, e l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha rafforzato il suo ruolo. «La capacità di individuare, investigare e perseguire la corruzione è molto efficace. E beneficia dell’esperienza delle autorità nella lotta al crimine organizzato. Ma l’efficacia delle misure repressive è messa in pericolo dall’eccessiva lungaggine dei procedimenti penali».  Inoltre, in tale contesto l’Italia presenta un efficiente sistema di confisca e recupero beni che permette di completare al meglio il regime sanzionatorio dei crimini di corruzione. Nonostante ciò, il regime di conflitto di interessi è frammentato e il sistema di incompatibilità e ineleggibilità che si applica ai pubblici ufficiali non ha chiara applicazione.

A ben vedere, dunque, in riferimento alla lotta alla corruzione, l’Italia viene attenzionata positivamente, soprattutto grazie alle già citate norme adottate in merito nel gennaio 2019. La Legge “Spazzacorrotti” ha inasprito le sanzioni per i reati di corruzione e sospeso i termini di prescrizione dopo la pronuncia della Corte di primo grado. Positivo, inoltre, il ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione soprattutto nel promuovere una vera e propria cultura di prevenzione della corruzione. L’Italia resta, però, al 51° posto su 100 nel mondo, secondo l’ultimo indice sulla percezione della corruzione (15° nell’Ue). Altra nota dolente è desumibile dal fatto che la Relazione italiana menziona l’infiltrazione del crimine organizzato attraverso pratiche corruttive, così come la mancanza di “una legge globale che disciplini il lobbismo e il regime di conflitto di interessi”. Un passo avanti è stato compiuto con l’emanazione della legge su whistleblowing che tutela il funzionario che segnala atti di corruzione nella pubblica amministrazione.

Dunque, buona la capacità di individuare, indagare e perseguire la corruzione, ma ancora “eccessiva la durata dei procedimenti penali”.

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