L’economia della paura nell’era della post-globalizzazione
L’espressione “economia della paura” è stata utilizzata dall’economista statunitense premio nobel Paul Krugman[1] in un articolo pubblicato sul New York Times il 30 settembre 2001 come possibile effetto degli attacchi alle Torri Gemelle. In base all’approccio degli economisti comportamentali, la paura è analizzata come antitesi della razionalità che, interagendo con l’ambiente, motiva le azioni dei soggetti economici (consumatori, imprese e decisori politici)[2]. La stampa allora si interrogava sugli effetti economici degli attacchi[3]. La recessione del 2001 è durata per circa un anno, in quanto l’opinione pubblica percepiva l’evento superabile attraverso l’azione statunitense con le guerre in Afghanistan e Iraq.
Krugman cita un primo esempio di economia della paura diffusasi in conseguenza della Grande Depressione del 1929, che ha propiziato la diffusione del nazionalismo e del totalitarismo.
Un contesto politico a livello globale caratterizzato da conflitti convenzionali o di natura terroristica può incidere nell’immediato sull’offerta aggregata, ma, se persistente nel lungo termine, può determinare una contrazione della domanda a causa di un calo della fiducia dei consumatori, mettendo in crisi le fondamenta della globalizzazione.
Gli attentati terroristici di matrice jihadista dell’ultimo biennio in Europa sono avvenuti in un contesto economico di crescita ancora non consolidata. Ad avviso di alcuni analisti, l’impatto più rilevante del terrorismo riguarda l’accrescimento della spesa militare e quella per la sicurezza con conseguente sottrazione di risorse al welfare e limitazione della mobilità di merci e persone[4].
Alcuni autori evidenziano che il contesto politico-sociale attuale si sta contrassegnando dall’avvento di politiche sovraniste[5] tipiche della post-globalizzazione.
La continuità dell’azione distruttrice del terrorismo, amplificata anche dai social media, può causare un rafforzamento dell’economia della paura, una crisi profonda della globalizzazione favorendo la rinascita del nazionalismo e del protezionismo.
[1] http://www.nytimes.com/2001/09/30/magazine/fear-itself.html
[2] Articolo di Mario A. Cedrini e Marco Novarese, “The challenge of fear to Economics” riprodotto al seguente link: http://polis.unipmn.it/pubbl/RePEc/uca/ucapdv/polis0235.pdf
[3] Articolo di Federico Rampini 1 ottobre 2001 su La Repubblica (vedi link: http://www.repubblica.it/online/mondo/paur/paur/paur.html)
[4] L’economia della paura: le conseguenze del terrorismo sulle nostre tasche di Monica Straniero pubblicato il 22 gennaio 2015 sul sito La Voce di New York consultabile al seguente link: http://www.lavocedinewyork.com/onu/2015/01/22/leconomia-della-paura-le-conseguenze-del-terrorismo-sulle-nostre-tasche/
[5], “Globalizzazione addio? XXI Rapporto sull’Economia Globale e l’Italia del Centro Einaudi” a cura di Mario Deaglio, Milano, 2017