Le nuove frontiere del terrorismo islamista
Di fronte alle nuove forme di manifestazione del terrorismo islamista, l’applicazione delle tradizionali categorie in materia di libertà di espressione risulta essere fortemente densa di criticità. In primo luogo l’incitamento, la propaganda e l’apologia sono di fondamentale importanza nelle strategie jihadiste, poiché in grado di incutere terrore nel nemico, di infondere il senso di potenza nei fedeli e di incrementarne l’arruolamento. L’adesione al terrorismo è costituita dall’affiliazione al gruppo terroristico, mentre nel caso di Al-Qaeda l’affinamento delle tecniche di persuasione è finalizzato alla continua creazione di campi di addestramento, di scuole e di infrastrutture. Nel caso del c.d. Califfato o Stato islamico, la “militanza ideologica” funge da vera e propria testimonianza di appartenenza identitaria. Esplicitando la propria adesione al programma e, di conseguenza, esaltandone le atrocità, un soggetto ‘si professa cittadino’ dello Stato islamico e vede nel califfo la propria identità politica.
L’esaltazione di un’organizzazione terroristica e l’invito ad aderirvi presentano, dunque, peculiarità ed ambiguità. Non si può certo sottovalutare il ruolo svolto dai moderni strumenti di comunicazione cui gli affiliati o i semplici sostenitori dell’IS fanno costante riferimento: i social media ed i social network, in particolare, consentono all’IS di aumentare esponenzialmente il proprio bacino d’utenza, coinvolgendo soggetti giovanissimi ad essi dipendenti. L’importanza assunta da internet, infatti, consente che attecchisca lo Stato islamico in ogni luogo del mondo, tale instaurare un vero e proprio cyber o virtual Caliphate. In tale frangente, la propaganda affonda le proprie radici seguendo logiche di frammentazione, di dispersione ed anche di spersonalizzazione, essendo molti dei contenuti diffusi in rete riconducibili non a persone realmente esistenti, bensì replicati attraverso specifici software il cui obiettivo è la continua diffusione del Califfato, che, da un lato, ne esalta i metodi violenti e spietati contro gli ‘infedeli’; dall’altro, ne esalta le componenti ideologiche, politiche e sociali. La diffusione del canale informatico e la pericolosità delle condotte commesse attraverso di esso spiegano l’impegno profuso, a livello internazionale, nell’adottare misure di contrasto all’uso di internet per scopi terroristici.
In generale, la limitazione della libertà d’espressione s’inserisce nell’anticipazione della tutela, l’intervento per fronteggiare la minaccia di adesione ideologica al terrorismo jihadista, in altre parole, segue un approccio preventivo, incentrato sul pericolo per l’ordine pubblico e per la sicurezza collettiva. Nel sistema italiano, tale istanza preventiva viene “presa in carico” dall’ordinamento penale, con specifico riferimento ai reati di istigazione ed apologia di delitto e dall’ordinamento amministrativo, con specifico riferimento agli strumenti offerti dal diritto dell’immigrazione.
Il drastico incremento di episodi descritti ha portato all’inserimento nel codice penale dei delitti contro l’ordine pubblico e, più precisamente, delle ipotesi di istigazione ed apologia di delitto (art. 414 co. 1 e 3 c.p.). Si tratta di reati comuni, sebbene, in caso di istigazione/apologia avente ad oggetto l’adesione stessa all’organizzazione terroristica (ad esempio, all’IS), debbano essere preferibilmente esclusi dal novero dei possibili soggetti attivi coloro i quali facciano già parte dell’organizzazione. La condotta si sostanzia, per quanto concerne l’istigazione, nell’impegno a far sorgere o rafforzare l’altrui proposito criminoso, per quanto concerne l’apologia, nell’esaltazione di un fatto delittuoso finalizzata a spronare altri all’imitazione. In entrambi i casi, è richiesta la pubblicità e l’individuazione dei destinatari del messaggio. Le condotte debbono avere ad oggetto, rispettivamente, la commissione di uno o più reati e uno o più delitti, fra i quali sono tradizionalmente incluse anche le fattispecie associative. In entrambi i casi, è richiesta la concretezza del pericolo, l’effettiva idoneità della condotta istigatrice o apologetica a provocare la commissione di delitti e, perciò, a turbare l’ordine pubblico. Entrambi i delitti sono caratterizzati dal dolo generico che consiste nella coscienza e volontà del fatto di istigazione o di apologia, essendo del tutto irrilevanti il fine particolare perseguito ed i motivi dell’agire. Si sono poi aggiunte due circostanze aggravanti ad effetto speciale, entrambe contenute nel quarto comma dell’art. 414 c.p, la prima, inserita dall’art. 15 d.l. 27.7.2005 n. 144 conv. in l. 31.7.2005 n. 155, prevede un innalzamento di pena della metà qualora l’istigazione o l’apologia riguardi “delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità”; l’ambito di operatività della prima è reso relativamente più nitido grazie alla contestuale introduzione della norma definitoria “condotte con finalità di terrorismo” di cui all’art. 270-sexies c.p. La norma si applica “al di fuori dei casi di cui all’art. 302 c.p.”. Così, esemplificando, rientrerà nella prima ipotesi il fatto dell’imam che sproni pochi adepti ben identificati a recarsi in Siria per intraprendere il jihad; nella seconda il fatto dell’imam che, per converso, inneggi al terrorismo in un’affollata moschea, rivolgendosi ad un pubblico indeterminato. La seconda aggravante, introdotta dall’art. 2 co. 1 d.l. 18.2.2015 n. 7 conv. in l. 17.4.2015 n. 43, s’innesta sulla precedente e prevede l’aumento di pena fino a due terzi se il fatto (di istigazione o apologia aggravata) “è commesso attraverso strumenti informatici o telematici”. La circostanza trova applicazione qualora l’autore adoperi strumenti informatici che consentano la comunicazione mediante social network, messaggistica online, servizi di VoIP ecc. in modo da colpire in modo significante fatti connotati da una potenzialità diffusiva amplissima ed incontrollabile.
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