LE MISURE PREMIALI EX ART.4 L.155/2017: PONTI PER IL FUTURO O SALVACONDOTTO PER IL PASSATO?

Di Roberto Croce -

Il diritto penale dell’impresa – e significativamente quella parte tradizionalmente definita come “statica”, come quella dei reati societari e dei reati fallimentari (1) – non può certamente ignorare i grandi temi delle trasformazioni in corso nel tessuto economico-sociale e della mutata concezione della crisi d’impresa, che mira al pieno superamento del giudizio di disvalore e di colpevolezza connesso con l’insorgere dell’insolvenza ed insito nello stesso termine “fallimento” e/o “fallito”, come da ultimo tradottasi nella Legge delega 19.10.2017 n.155 per la riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in radicale contrapposizione con l’impostazione culturale del legislatore del 1942 (2)(3).

Invero, il cambiamento di prospettiva non è solo di carattere terminologico. La sostituzione del termine “fallimento” con la locuzione “liquidazione giudiziale” è solo la punta dell’iceberg del cambiamento culturale che il nuovo approccio normativo mira in parte a fotografare ed in parte a promuovere.

Ripercorrendo l’evoluzione storica della responsabilità del debitore è agevole rilevare come si sia passati dallo stigma penalmente sanzionato del debitore inadempiente fino ai più recenti strumenti di risoluzione della crisi debitoria o d’impresa, che in Italia si sono tradotti nelle numerose riforme della Legge Fallimentare del 1942 tese al recupero dell’Impresa in crisi e, prima della L.155/2017, nella disciplina prevista dalla L.3/2012 per la risoluzione della crisi da sovraindebitamento dei debitori non soggetti a fallimento.

La nuova impostazione culturale e normativa, dunque – supportando il pensiero datato 2003 della Commissione Trevisanato – mira al preventivo superamento della crisi d’impresa ed al recupero del soggetto insolvente nel tessuto sociale e/o imprenditoriale produttivo. Obiettivo, questo, che la nuova legge si propone di raggiungere onerando l’imprenditore (così come gli organi di governo e di vigilanza dell’ente societario) di una serie di nuovi doveri e caricandolo di nuove responsabilità, chiedendogli l’attivazione di strumenti interni di “allerta” e di rilevazione della crisi e, una volta che questa sia conclamata, di iniziare “tempestivamente” uno dei percorsi di composizione assistita della crisi o di risanamento previsti dalla delega.

Quale contraltare “premiale” per la tempestiva emersione dello stato di crisi, oltre alla “congrua riduzione degli interessi e delle sanzioni correlati ai debiti fiscali dell’impresa”, l’art.4 lett.h della legge delega 155/2017 prevede misure di natura personale e di rilievo penalistico, tese ad incidere – elidendolo o limitandolo – sul trattamento sanzionatorio delle eventuali fattispecie criminose comunque perseguite o perseguibili.

La legge delega prevede infatti, in primo luogo, una “causa di non punibilità per il delitto di bancarotta semplice e per gli altri reati previsti dalla legge fallimentare, quando abbiano cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità ai sensi all’articolo 219, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, (…)”, ciò che dovrebbe tradursi in una esimente per tutti i reati già definiti “fallimentari” (e che ora dovranno necessariamente ridefinirsi come reati “della liquidazione giudiziale”, la cui dichiarazione si qualifica come condizione obiettiva di punibilità), inclusa la bancarotta fraudolenta (documentale e patrimoniale), la bancarotta societaria e la bancarotta preterintenzionale, purché il danno patrimoniale cagionato sia di “speciale tenuità (concetto quest’ultimo che dovrà trovare migliore specificazione giurisprudenziale rispetto a quella sinora dedicatagli quale circostanza attenuante ad effetto comune già prevista dall’art.119 L.F.).

La stessa legge delega prevede, in secondo luogo, una “attenuante ad effetto speciale per gli altri reati”, cioè a dire una attenuante che determini una diminuzione della pena (in tesi irrogabile) in misura superiore al terzo. Va qui detto che il legislatore delegante ha lasciato ampio spazio al legislatore delegato, sia sulla quantificazione della riduzione (che nel progetto di decreto legislativo, come si esaminerà oltre, viene prevista nella misura della metà) sia sull’ambito oggettivo della sua applicazione, che non dovrebbe limitarsi ai soli reati fallimentari ma dovrebbe includere tutti gli altri reati, di qualsiasi natura, commessi dall’imprenditore dichiarato insolvente e che, malgrado la tempestiva adozione degli strumenti di allerta e composizione della crisi, venga comunque  sottoposto a processo penale.

È dunque chiaro l’intento strumentale delle c.d. “misure premiali” di rilievo penalistico (e non solo), al fine di indurlo ad attraversare, senza timore di naufragio, il mare agitato della crisi d’impresa, prima che lo tsunami dell’insolvenza ne travolga definitivamente le ambizioni di salvataggio.

In quest’ottica, siffatte misure possono definirsi altrettanti “ponti per il futuro” per l’imprenditore (individuale o societario) in difficoltà, perché mirano ad eliminare ogni sua preoccupazione sulle conseguenze di carattere penale in caso di esito negativo della tempestiva attivazione degli strumenti di emersione e di composizione della crisi e, quindi, in ultima analisi, mirano a promuovere la corretta applicazione della legge nel superiore interesse del salvataggio dell’impresa dalla prospettiva dello stato di insolvenza.

L’esistenza di siffatti “ponti”, in definitiva, costituirebbe per l’imprenditore (o per l’ente societario) in crisi una ragione in più per attraversare quel mare agitato senza timore di bagnarsi, anzi con la prospettiva di uscirne asciutto e pronto a nuove traversate imprenditoriali, a beneficio dell’intero tessuto economico del Paese.

Le stesse misure, tuttavia, potrebbero essere percepite dall’imprenditore come un mero “salvacondotto” – utile ma non necessario – per il caso di sua successiva sottoposizione a processo penale.

Ad una siffatta possibile diversità di vedute è chiaramente sottesa una diversa impostazione culturale nei rapporti tra lo stesso imprenditore e la crisi della propria impresa. Invero, percepire le misure premiali come misure incentivanti postula il successo degli strumenti pensati dal legislatore per la composizione stragiudiziale della crisi stessa.

Ripercorriamo allora, brevemente, la nuova disciplina pensata del legislatore delegante per le misure di allerta e per gli strumenti di composizione concordata della crisi, con un occhio alla legge delega 115/2017 e con l’altro al progetto attuativo che attualmente circola tra gli addetti ai lavori (che dovrebbe tradursi nel nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza ed essere approvato con decreto legislativo entro il 14.11.2018, di seguito per brevità il Codice), sintetizzandola come segue:

  1. per “crisi” di impresa si intenderà lo stato di difficoltà economico finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, che per le imprese si manifesti come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni pianificate; mentre per insolvenza si continuerà ad intendere, come già in forza dell’art.5 L.F., lo stato del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente proprie obbligazioni e che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori (art.2 co.1 lett.c L.217/2017 e art.2 del Codice);
  2. per liquidazione giudiziale si intenderà la procedura concorsuale già denominata fallimento, mentre per liquidazione controllata da sovra-indebitamento si intenderà invece la procedura di liquidazione già prevista dalla L.3/2012 e destinata alle “imprese minori” non soggette alla procedura di liquidazione giudiziale;
  3. vengono inseriti precisi obblighi, per l’imprenditore individuale di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte; e per l’imprenditore collettivo di  adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art.2086  del codice civile ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative (art.4 del Codice). A tal fine verranno conformemente modificati numerosi articoli del Codice Civile;
  4. conformemente al disposto della legge delega (art.4 lett.c), verrà posto a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi, da individuare secondo parametri corrispondenti a quelli rilevanti ai fini del riconoscimento delle misure premiali di cui alla lettera h), di cui si tratterà oltre, ed in caso di omessa o inadeguata risposta di informare tempestivamente l’organismo di cui alla lettera b), cioè l’organismo da istituirsi presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura affinché assista il debitore nella procedura di composizione assistita della crisi. Nel progetto di Codice (art.17) si prevede che gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni e tenuto conto del tempestivo scambio di informazioni di cui all’articolo 2409-septies del codice civile, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, nel caso assumendo idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi;
  5. il progetto di Codice all’art.16 prevede che “Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore e rilevabili attraverso appositi indici, con particolare riguardo alla sostenibilità dei debiti nei successivi sei mesi ed alle prospettive di continuità aziendale, nonché l’esistenza di significativi e reiterati ritardi nei pagamenti, tenuto conto anche di quanto previsto nell’articolo 27” in tema di tempestività nella rilevazione della crisi. E ancora che “Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., gli indici di cui al primo comma che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa”;
  6. quale contraltare dai maggiorati obblighi e responsabilità degli organi di controllo societari, la legge delega (art.4 lett.f) prevede che in caso di segnalazione all’organo di amministrazione e all’organismo di cui alla lettera b), non ricorra la responsabilità solidale dei sindaci con gli amministratori per le conseguenze pregiudizievoli dei fatti o delle omissioni successivi alla predetta segnalazione;
  7. il procedimento di composizione assistita della crisi, avviato su istanza del debitore che se ne avveda tempestivamente e condotto presso l’organismo all’uopo costituito presso ciascuna Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, può condurre alla concordata individuazione di possibili misure idonee a porvi rimedio; laddove, in difetto di un accordo stragiudiziale con i creditori coinvolti e permanendo la denunciata situazione di crisi lo stesso Organismo invita il debitore a presentare entro 30 giorni domanda di accesso ad una delle procedure regolatrici della crisi o dell’insolvenza, ovvero a presentare domanda di apertura della liquidazione giudiziale;
  8. in difetto di cooperazione da parte del debitore coinvolto, sarà il Pubblico Ministero, su segnalazione dell’organismo di composizione assistita della crisi, ad esercitare l’iniziativa per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (art.53 del Codice) da parte del Tribunale, la cui sentenza sostituisce la vecchia dichiarazione di fallimento e, pertanto, come prima integrerà la condizione obiettiva di punibilità per i reati di bancarotta (che pur mantenendo identica struttura e formulazione delle diverse fattispecie, verranno inseriti nel Codice agli artt.339 ss.), fermo restando che l’azione penale sarà esercitata solo dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale, fatti salvi casi particolari e di urgenza previsti dalla legge.

Tornando alle misure premiali di cui sopra s’è trattato – oggetto della presente  digressione – non possono passare inosservati i criteri di ammissibilità prospettati dal progetto di Codice della crisi e dell’insolvenza che all’art.27 ne subordina l’applicazione alla tempestiva proposizione entro il termine di 6 mesi di una domanda di accesso ad una fra le diverse procedure concorsuali, ovvero entro il termine di 3 mesi dell’istanza per la composizione assistita della crisi da parte dell’Organismo istituito presso la CCIAA,  decorrenti da quando si verifichi, alternativamente, una delle seguenti diverse circostanze:

  • l’esistenza di debiti per salari e stipendi scaduti da almeno sessanta giorni, per un ammontare pari ad oltre la metà del monte salari complessivo;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno centoventi giorni, per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • il superamento nell’ultimo bilancio, i comunque per oltre tre mesi, degli indici (indicatori della crisi) elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, di cui sopra s’è trattato.

Quanto alla concreta formulazione delle misure premiali – quale rinvenibile nel progetto di Codice all’art.28 – la lettura della stessa (sia pure nei limiti della sua stesura tuttora a livello di progetto, peraltro elaborato dalla precedente compagine governativa) lascia più di un dubbio, per usare un eufemismo, sulla puntuale applicazione della delega, sia in termini di coordinamento con le disposizioni penali ivi menzionate sia in termini di scelte discrezionali operate.

La legge delega, invero, prevede l’applicazione di misure premiali all’imprenditore che:

  • ha tempestivamente proposto l’istanza per la composizione assistita della crisi all’Organismo istituito presso la C.C.I.A.A.;

oppure

  • ha tempestivamente chiesto l’omologazione di un accordo di ristrutturazione;

oppure

  • ha proposto un concordato preventivo;

oppure

  • ha proposto egli stesso ricorso per l’apertura del procedimento di liquidazione giudiziale.

Nel progetto di Codice attuativo, invece, si legge che “La tempestiva presentazione dell’istanza all’organismo di composizione assistita della crisi d’impresa esclude la punibilità dei reati di cui agli articoli 337, 338, 339,343, 344 e 355 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, quando a seguito della stessa viene aperta, su iniziativa del debitore, una procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo ovvero viene omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti e quando risulta che è stato cagionato un danno di speciale tenuità. La pena è ridotta fino alla metà quando, fuori dai casi di speciale tenuità del danno, all’apertura della procedura concorsuale il valore dell’attivo inventariato od offerto ai creditori superi il quinto dell’ammontare dei debiti”.

A parte l’evidente errore nel riferimento numerico alle fattispecie criminose di bancarotta (che l’art.4 lett.h della legge delega identifica nella bancarotta semplice e negli altri reati previsti dalla legge fallimentare), il progetto attuativo prevede che all’esito dell’eventuale processo penale l’imprenditore (individuale, così come l’amministratore dell’ente societario) godrà dell’esimente che ne esclude la punibilità solo quando:

  • sia stata tempestivamente presentata l’istanza all’organismo di composizione assistita della crisi d’impresa e la relativa procedura, in difetto di un accordo stragiudiziale con i creditori coinvolti e permanendo una situazione di crisi, non abbia condotto ad una soluzione positiva, sicché:
  • a seguito della stessa venga aperta, su iniziativa del debitore (ed entro i 30 giorni concessi dall’Organismo), una procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo ovvero venga omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti;
  • risulti che è stato cagionato un danno di speciale tenuità.

Lo stravolgimento della delega, con la limitazione delle eventuali misure premiali al solo caso di tempestiva proposizione dell’istanza per la composizione assistita della crisi – e, solo in caso di suo insuccesso, all’iniziativa volta alla promozione di una procedura concorsuale che, tuttavia, in ultima analisi, conduca alla dichiarazione di liquidazione giudiziale e, quindi, alla apertura di un processo penale – non ha bisogno di ulteriori commenti.

Parimenti diversa appare, rispetto alla delega, la prospettata applicazione di una attenuante ad effetto speciale per gli altri reati.

 La stessa – che prevede la riduzione della pena fino alla metà – appare invero riferirsi alle stesse fattispecie e nell’ambito degli stessi presupposti sopra richiamati quando, fuori dai casi di speciale tenuità del danno – e, quindi, quando sia per tale motivo esclusa l’applicazione della suddetta esimente – “all’apertura della procedura concorsuale il valore dell’attivo inventariato od offerto ai creditori superi il quinto dell’ammontare dei debiti”.

Non crediamo sia questa la sede più opportuna per commentare scelte normative ancora in itinere, che ci auguriamo vengano corrette in tempo utile.

L’intero impianto delle c.d. misure premiali, tuttavia, appare un intervento parziale e di fatto limitato dagli stringenti presupposti sopra illustrati, che trovano i propri limiti nella necessità di implementare – sia a livello culturale, sia a livello strutturale – quei meccanismi di preventiva allerta per la rilevazione (e rivelazione) dello stato di crisi che precede ed anzi preannuncia il possibile stato di insolvenza.

Meccanismi che, però, chiamano in gioco evidenti e talvolta gravose sfide organizzative per l’imprenditore, con il rinnovato (e per certi versi innovativo) impiego di specifiche professionalità tecnico contabili, scommettendo sulla tempestività della emersione della crisi e sulle (comunque incerte) possibilità di soluzione bonaria e concordata con i creditori.

Meccanismi che, sul piano penalistico, appaiono affidarsi alle sole misure del diritto premiale, qualificando le descritte attività di tempestiva emersione della crisi come altrettante attività di c.d. “controspinta” che, in quanto antagonistiche all’offesa, si pongono nell’ottica della “reintegrazione del bene giuridico leso o posto in pericolo” (4).

Probabilmente, in una più ampia ottica di riforma della crisi dell’impresa e dell’insolvenza, il legislatore delegante ha perso una preziosa occasione per porre mano ad una più profonda riforma del diritto penalfallimentare, che come s’è detto non viene scalfito dalla Riforma ed è ancora oggi affidato alla sinora ancor timida evoluzione giurisprudenziale.

Resta, in conclusione, l’amaro dubbio se le misure premiali in parola si manifestino in concreto un ponte già crollato oppure un salvacondotto scaduto da pochi giorni.

Alla giurisprudenza, naturaliter data, l’ardua sentenza.

Note:

  • Adelmo Manna (a cura di), Corso di diritto penale dell’Impresa, 2ª, Milano, 2018, pagg. 475 ss.; cfr., sulla Legge delega, 1170;
  • Santinelli, Riforma della crisi d’impresa. Le misure premiali per i reati fallimentari, in Il Penalista, 2018;
  • Santinelli, Le misure premiali introdotte dalla legge delega, in Il fallimentarista.it, 2018;
  • Adelmo Manna, Diritto Premiale e reintegrazione degli interessi offesi dal reato, in Studi in Onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006, 1002 ss..

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