L’assetto normativo alla luce dell’emergenza sanitaria dettata dal Coronavirus, tra bilanciamento di principi e norme emergenziali

Di Elena Valguarnera -

 Con la dichiarazione di emergenza nazionale del 31 gennaio scorso, ad oggi, diverse sono le fonti normative che nell’ultimo mese hanno inondato il nostro Paese. In particolare, il Governo italiano, al fine di fronteggiare l’epidemia dettata dal virus Covid-19, ha fatto ricorso a due strumenti[1]: il primo è il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; il secondo: i decreti legge[2].

Poste le numerose previsioni normative che si sono susseguite nei giorni scorsi, il quadro normativo delle misure per arginare il contagio da COVID-19 va studiato e osservato con gli occhi della gestione “emergenziale”, che a ben vedere non è solo una questione di protezione civile, ma anche di ordine e sicurezza pubblica[3].

Partendo dalla “legge fondamentale” per eccellenza, la Costituzione italiana, si nota subito che essa non prevede l’ipotesi dello stato d’emergenza né quella, assai diversa, dello stato d’eccezione[4]. Al contrario, la Costituzione prevede solo lo “stato di guerra”, ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione, “deliberato dalle Camere, le quali conferiscono al Governo i poteri necessari”. Al di fuori di questa ipotesi, a norma dell’articolo 77 Cost. secondo comma “quando ricorrono casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta decreti legge, che devono essere presentati il giorno stesso per la conversione alle Camere, le quali, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.

Ne deriva pertanto che, sebbene in base al principio di separazione dei poteri il Governo non risulti titolare della potestà legislativa, tuttavia l’Esecutivo è posto nelle condizioni di esercitare tale potestà attraverso una delega preventiva o, diversamente, un’approvazione successiva del Parlamento, effettivo titolare del potere legislativo e soggetto costituzionalmente preposto alla conversione, in legge ordinaria, dei decreti legge emanati dal Governo ai sensi dell’articolo 77 Cost.

Da quanto finora esposto, ne deriva che la dichiarazione dello stato d’emergenza trovi la sua ragion d’essere sulla normativa di rango primario[5] adottata in materia di protezione civile[6].

Tuttavia, le principali criticità della gestione dell’emergenza “de qua” da parte del Governo sembrano essere costituite dallo strumento utilizzato per imporre le misure restrittive, ossia i “D. P. C. “M.” (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri)

La normazione per mezzo di D.P.C.M. ha infatti rilevanti effetti sull’assetto della separazione dei poteri da cui ne deriva l’esclusione del sindacato di costituzionalità da parte della Consulta. Innanzitutto, comporta l’esclusione del sindacato di costituzionalità da parte della Consulta. Inoltre, dato che i D.P.C.M. finora adottati non assumono la forma di regolamenti ex art. 17 L. 400/88, anche il Presidente della Repubblica viene estromesso dal procedimento di formazione di questi atti, che hanno natura amministrativa. Più significativamente, l’utilizzo di D.P.C.M. per la gestione dell’emergenza si riflette in una marginalizzazione del ruolo del Parlamento, che al più potrà rifiutarsi di convertire il “decreto madre” con effetti potenzialmente disastrosi sulla certezza del diritto[7].

Riassumendo, alla dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio ha fatto seguito l’adozione di cinque decreti legge e sette Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, aventi ad oggetto “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”[8].

Due sono le condizioni che fanno sì che tali misure siano conformi allo “Stato di diritto”: il presupposto di fatto (l’emergenza sanitaria) e la temporaneità. In particolare, uno “Stato di diritto”, per poter definirsi tale, deve “limitare” il potere, “limitare il sovrano”.

L’articolo principe del costituzionalismo moderno che esplicita tale funzione è l’art. 16 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino approvata nel 1789 che statuisce che: “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione”. Ebbene, tale limitazione deve essere garantita anche in situazioni “emergenziali”, sia pur in forme diverse[9].

Orbene, data la situazione di indubbia emergenza, può ritenersi che le misure eccezionali emanate siano legittime, anche sul piano costituzionale.

Sebbene la disciplina dello stato d’emergenza sia stata introdotta con legge ordinaria: legge n. 225 del 24 febbraio 1992 inerente all’istituzione del Servizio Nazionale della Protezione civile e pur non sussistendo una specifica norma costituzionale che disciplini lo stato d’emergenza, ciò non implica che le diverse situazioni emergenziali non trovino copertura costituzionale.

In tutti i circuiti costituzionalmente previsti di gestione di situazioni extra ordinem, la Costituzione chiede il mantenimento di un rapporto, seppur derogatorio del regime ordinario, tra legislatore (quale espressione della rappresentanza politica del Paese) e governo (quale titolare del potere esecutivo), affidando in tutti i casi un ruolo di garante e custode al Presidente della Repubblica, secondo i poteri a lui attribuiti dall’art. 87 (rappresenta l’unità nazionale rispetto a Regioni ed enti locali; dichiara lo stato di guerra;  emana  i decreti aventi valore di legge)[10].

Sebbene la nostra Costituzione non contempli la figura del dictator o di altre forme commissariali diverse, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è sicuramente lo strumento più rapido e flessibile in una situazione “d’emergenza” come quella attuale.

Per tali ragioni il quadro normativo che si andrà ad analizzare pone una serie di questioni molto delicate attinenti alle libertà e diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione.

Infatti, l’articolo 13 della Costituzione prevede che: “in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori…”. Con riferimento alla libertà di movimento, ai sensi dell’articolo 16 Cost., “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. L’articolo in esame statuisce la libertà del cittadino di poter circolare e soggiornare liberamente nel territorio della Repubblica, salvo le limitazioni della legge per motivi di sanità e sicurezza. La libertà di circolazione, quindi, si articola nella possibilità di spostarsi senza limiti all’interno del territorio dello Stato. Tuttavia, dalla lettura sistematica dell’articolo 16, può desumersi la vigenza del principio della “riserva di legge forzata” in materia di limitazioni alla libertà di circolazione e soggiorno. Tale principio impedisce restrizioni stabilite sulla base di atti aventi natura diversa dalla legge statale. Tuttavia, si tratta di una “riserva di legge relativa”, in quanto la libertà di circolazione e soggiorno può essere impedita solo in via generale per motivi di sanità e sicurezza al fine appunto di evitare il propagarsi di un’epidemia.

A livello nazionale, la disposizione di cui all’articolo 16 della Costituzione va coordinato con l’art. 120 Cost. che prevede al secondo comma che: “il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”.  La norma in commento stabilisce vari limiti al potere regolamentare regionale. In particolare, il comma in esame – che regola il potere sostitutivo dello Stato e individua i presupposti che ne consentono l’esercizio – deve essere integrato con quanto disposto dall’art. 8, L. 5 giugno 2003, n. 131. In specifico, in base a tale disciplina, la sostituzione (proporzionata alle finalità perseguite) è ammessa in tre diverse ipotesi, tassative quali:

  1. mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria:
  2. pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica;

3.tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.

Nel caso specifico dell’emergenza relativa al virus Covid-19, l’articolo che viene privilegiato permettendo una restrizione degli altri diritti è la tutela della salute, che, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione, viene tutelata sia nella sua dimensione individuale – diritto dell’individuo – sia nella sua dimensione collettiva quale interesse della collettività. Ed è questa tutela ad ampio raggio a permettere la costruzione di uno stato d’emergenza della Repubblica intera per la sua tutela[11].

In altre parole, l’adozione delle misure restrittive delle libertà fondamentali e dei diritti, attraverso lo strumento del D.P.C.M., appare pertanto ordinata alla salvaguardia ed alla tutela alla salute, che rappresentano non solo un diritto primario dell’individuo, ma anche un interesse preminente della collettività.

Tuttavia, i diritti in gioco, apparentemente contrapposti (libertà di movimento, di riunione e aggregazione, e tutela alla salute) tutelati all’interno della Carta fondamentale, necessitano di un bilanciamento.

In questo quadro, occorre ricordare in via generale che, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, le competenze in materia di tutela della salute e di protezione civile appartengono al novero delle competenze “concorrenti” tra Stato e Regioni, spettando dunque allo Stato fissare i principi generali e alle singole Regioni la normativa di dettaglio. Questa ripartizione ovviamente può porre dei problemi di coordinamento in caso di situazioni di necessità e urgenza che giustifichino il ricorso a misure straordinarie. A tale proposito, l’art. 32 della legge n. 833 del 1978 (istitutiva del servizio sanitario nazionale) prevede che il Ministro della sanità possa emettere «ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni», ed analogo potere di emettere ordinanze nelle medesime materie viene attribuito anche al Presidente della Giunta regionale (oltre che al Sindaco), con efficacia limitata al territorio regionale o una sua parte[12].

Dal punto di vista giuridico-costituzionale l’esercizio del potere nello stato d’emergenza, la sua centralizzazione e la sua personalizzazione “sono solo i sintomi di una sempre più evidente eclissi della politica, per non parlare dell’assenza di una politica comune europea o, per alcuni temi che coinvolgono beni pubblici globali, come nel caso di specie, di una politica a livello globale”[13].

Da un punto di vista formale, la gestione dell’emergenza ha sottoposto alcune disposizioni costituzionali a una sempre più generalizzata tensione di gestione e controllo – sotto molteplici profili – che coinvolge per lo più le procedure con le quali sono stati introdotti via via i limiti sempre più stringenti alle libertà e ai diritti costituzionali. Le misure restrittive adottate non consentono tali controlli “formali” e, nel caso di specie, trovano un fondamento non sempre diretto, certo e preciso nel decreto legge a monte[14].

Per tali ragioni, vi è chi percepisce il timore di non riuscire a trovare questo equilibrio – tra diritti e libertà individuali, apparentemente contrapposti ai diritti e alle libertà della collettività – scivolando nella tentazione di far prevalere la tutela delle ragioni collettive su quelle individuali, ledendo e conculcando, attraverso l’adozione permanente di strumenti forti, le ragioni e i valori della democrazia.

A conclusione di questa generale, breve e non esaustiva argomentazione giuridico-costituzionale, si ritiene che questa emergenza abbia fatto emergere l’utilizzo di un altro strumento, insito in ognuno di noi che va al di là dell’uso della forza, la responsabilità individuale e collettiva (il “famoso senso civico”) che fa leva sulla forza morale della democrazia.

Democrazia, difatti, non è soltanto “il diritto di avere diritti[15], ma anche “il dovere di avere doveri[16], che si riporta inesorabilmente al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione.

Riportando le parole di Giuseppe Pinelli, anarchico e partigiano italiano, il senso della democrazia passa attraverso la valorizzazione della cultura della legalità e della responsabilità, precondizione indefettibile al fine di poter garantire la tenuta dell’ordinamento democratico con metodo democratico “l’essere responsabili perché liberi fa parte del non-detto nei testi costituzionali contemporanei”.

[1] M. Olivetti, Coronavirus. Così le norme contro il virus possono rievocare il «dictator», 11/03/2020, https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/cos-le-norme-contro-il-virus-possono-rievocare-il-dictator.

[2] I decreti legge sono atti normativi provvisori aventi forza di legge adottati dal Governo per fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza.

[3] A. Monti, COVID-19, decreti e interpretazioni “autentiche”- 15 marzo 2020, http://www.interlex.it/varie-eventuali/amonti110.html

[4] Stato di emergenza e stato d’eccezione sono due categorie distinte. Con la prima, ci si riferisce a una compiuta classificazione dei vari tipi di fattori che possono determinare situazioni di emergenza. A fini prevalentemente descrittivi si possono tuttavia distinguere le situazioni derivanti da conflitti interni o internazionali, quelle derivanti da crisi economiche, quelle derivanti da catastrofi naturali (quali terremoti, inondazioni, epidemie, ecc.), quelle derivanti da disastri ecologici in quanto conseguenze non volute, ma pur tuttavia prevedibili, dell’attività dell’uomo, e infine quelle derivanti dallo sviluppo della criminalità organizzata. A. PIZZORUSSO “Emergenza, stato di” in Enciclopedia delle Scienze sociali, Treccani, 1993, disponibile al seguente link: www.treccani.it/enciclopedia/stato-di-emergenza.

Per stato di eccezione, invece, si intende la rottura del cosiddetto pactum politico, concetto chiave della dottrina politica di Carl Schmitt. Lo “stato di eccezione” è considerato uno dei concetti chiave nella dottrina politica di Schmitt.

[5] In questa categoria troviamo sia la legge ordinaria del Parlamento disciplinata dagli artt. 70-74 Cost., sia gli atti aventi valori di legge, che hanno la stessa forza normativa delle leggi ordinarie, come previsto dagli artt. 76 e 77 Cost, facendo così rientrare tra le fonti di rango primario il decreto legislativo, il decreto legge e secondo parte della dottrina il referendum abrogativo.

La Costituzione prevede la possibilità per il governo di adottare atti normativi con valore di legge (artt. 76 e 77) che dovranno essere emanati dal Presidente della Repubblica. Questo strumento è possibile in virtù dello stretto rapporto fiduciario che lega il Governo alla maggioranza parlamentare. L’organo legislativo non rinuncia così alle proprie funzioni, perché esercita comunque una funzione di controllo sull’operato dell’esecutivo o precedentemente (mediante la cosiddetta legge di delegazione nei casi dei decreti legislativi) o successivamente (mediante la conversione in legge dei decreti legge).

[6] I. Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi, 18 marzo 2020, http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-tremendissima-lezione-del-covid-19-anche-ai-giuristi_18-03-2020.php

[7] M. A. Simonelli, Il Covid-19 e la gestione governativa dello stato di emergenza. Una riflessione a caldo. 28/03/2020, http://www.lacostituzione.info/index.php/2020/03/28/il-covid-19-e-la-gestione-governativa-dello-stato-di-emergenza-una-riflessione-a-caldo/

[8] Op. cit. M. A. Simonelli, Il Covid-19 e la gestione governativa dello stato di emergenza. Una riflessione a caldo.

[9] F. Cequozzi, “Stato d’emergenza” e Costituzione, 26/03/2020, https://www.iusinitinere.it/stato-demergenza-e-costituzione-26393

[10] L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, Editoriale Di Beniamino Caravita numero 6 – 18/03/2020 https://www.federalismi.it/nv14/editoriale.cfm?eid=548

[11] Op. cit. F. Cequozzi, “Stato d’emergenza” e Costituzione.

[12] M. Bozzaorte, Il diritto ai tempi del coronavirus: come cambia la nostra vita e perché, 16/03/2020, https://www.giustiziainsieme.it/it/news/117-main/diritto-dell-emergenza-covid-19/922-il-diritto-ai-tempi-del-coronavirus-come-cambia-la-nostra-vita-e-perche.

[13] In argomento M. Pianta, Le conseguenze economiche del coronavirus, Sbilanciamoci.info, 13 marzo 2020.

[14] Op. cit. I. Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi.

[15] S. Rodotà, “Il diritto di avere diritti” ed. Laterza, Bari, 2012.

[16] L. Violante, “Il dovere di avere doveri” Einaudi, 2014.

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