La situazione globale del narcotraffico alla vigilia dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
1. Il fenomeno del narcotraffico come questione di sicurezza
Le decisioni assunte durante la ventesima sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dedicata alla lotta mondiale contro la droga (risoluzione A / RES / S-20/2), a distanza di circa 18 anni dalla loro adozione, non hanno conseguito risultati oggettivamente soddisfacenti.
Ad una simile conclusione è agevole pervenire, tra l’altro, alla luce di alcuni dati inoppugnabili.
Innanzitutto, la produzione di oppio e cocaina non è stata debellata. Semmai essa è quantitativamente cresciuta.
In secondo luogo, e sempre linea generale, nessuno può negare che il fenomeno del narcotraffico abbia raggiunto dimensioni globali: esso rappresenta una delle principali attività criminali ed antisociali del pianeta, fonte primaria di destabilizzazione politica, finanziaria ed economica.
Orbene, ciò posto, il motivo principale della mancanza degli auspicati risultati, è da ricercare, secondo alcuni, nella strategia usata dalla comunità internazionale nella lotta contro la droga.
Suddetta strategia si sarebbe difatti basata esclusivamente su un approccio limitato e parziale al problema, a volte solo repressivo, a volte, di contro, eccessivamente tollerante.
Da ultimo e sempre in modo più preponderante, il fenomeno del traffico delle droghe è stato inquadrato come una questione riguardante i rapporti tra crimine e salute, valutando principalmente gli aspetti sociali del consumo di stupefacenti.
Non si è considerata affatto la questione “droga”, come invece propugnato da altra corrente di pensiero, quale problematica riguardante la sicurezza nazionale, regionale e globale.
Epperò, il successo nel raggiungimento degli obiettivi prefissati diciotto anni fa potrà dirsi raggiunto solo con l’attuazione di una strategia appropriata e dimensionata rispetto alla piena portata del problema della droga, considerata diacronicamente in tutti i gli aspetti sociali, politici ed economici.
Solo nel 2019 potranno tirarsi le somme sulla realizzazione degli obiettivi fissati nella Dichiarazione Politica e nel Piano d’Azione per ciò che riguarda la lotta agli stupefacenti.
Fino ad allora e, fin da subito, nella prossima assemblea delle nazioni unite, sarà adottata la prossima agenda con e nuove linee programmatiche sul contrasto al narcotraffico.
2. Il gruppo di lavoro italo russo
In considerazione di quanto esposto, proprio in linea con le convenzioni fondamentali delle Nazioni Unite, si è aperto recentemente un dibattito sul come sviluppare una moderna politica globale anti-narcotici, secondo un’opzione integrata, in luogo di quella esclusivamente sociale, al fine di garantire la sicurezza internazionale.
Non si intende con ciò affermare che l’una opzione (sicurezza) debba prevalere sull’altra (sanità) per affidabilità, base scientifica o potenziale efficienza; quello che si intende sostenere è che, se è vero da un lato che vi sono consistenti ed importanti argomenti in favore delle proposte maggioritarie di un approccio più liberale e meno drastico al fenomeno sotto il profilo della politica criminale, altrettanto degne di nota e considerazione sono le distinte proposte di inquadramento del fenomeno del narcotraffico come problema di sicurezza mondiale.
In questo contesto è da sottolineare per i dati acquisiti il rapporto conclusivo di una ricerca svolta dal gruppo di lavoro italo-russo sull’azione di contrasto al traffico di droga; il documento, difatti, lungi dal proporsi come modello di policy, è risultato dedicato all’analisi delle cause che hanno impedito il raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Onu; esso contiene altresì proposte di natura tecnica volte a risolvere la questione in ottica prospettica.
3. Le conseguenze su larga scala
E’ innegabile il dato che due macro-fenomeni – rappresentati da due centri planetari della produzione di eroina e di cocaina – generano un forte potere industriale e, in modo permanente, sfociano in una vasta gamma di minacce sul piano globale.
– In Afghanistan, negli ultimi 18 anni, sono stati prodotte circa 77.000 tonnellate di oppio, parte delle quali è stata poi trasformata in droghe letali come l’eroina (6500-7000 tonnellate di eroina in 18 anni). A causa dell’uso di oppiacei afgani negli ultimi anni, più di 1,5 milioni di persone sono decedute. Il numero annuale dei consumatori di oppiacei afgani è stimato a 16,5 milioni di persone.
– In America Latina, per converso, negli ultimi 18 anni, sono state prodotte circa 13.000 tonnellate di cocaina. Il numero annuale dei consumatori di cocaina latino-americani è stimato in circa 17 milioni di persone.
Altro dato incontrovertibile è che la produzione ed il commercio di stupefacenti causano un aumento della violenza nelle sue varie forme, minando di fatto la stabilità sociale e politica delle aree geografiche interessate. Da un lato difatti i ribelli, costituiti da gruppi armati illegali, ricavano mezzi, una sorta di percentuale dalla produzione e dal traffico di droga, che reimpiegano nell’organizzazione di questa attività.
D’altra parte, le persone coinvolte nel traffico di droga ottengono una spinta che è già di per sè una sfida allo Stato, entrando in conflitto con lo stesso e diffondendo la corruzione ai massimi livelli.
L’influenza del traffico di droga diventa particolarmente inquietante laddove sono già presenti problemi nella pubblica amministrazione e dove l’economia locale è debole.
Gli esempi più chiari di quanto su esposto sono rappresentati dai Paesi dell’Africa e dell’America Centrale. I golfi di Aden e della Guinea sono diventati simboli di instabilità globale, l’arena di dominazione di pirati e di gruppi armati che sono in realtà le principali chiavi del traffico di droga.
In particolare, la base fondamentale della pirateria, in queste baie, è data dal transito di grandi volumi di sostanze stupefacenti, altamente redditizio. Negli ultimi cinque anni, il mercato della droga ha destabilizzato anche gli Stati arabi del Nord Africa.
La caratteristica centrale del traffico di droga è evidente: i narcotici costituiscono notevoli quantità di riserve valutarie e di cambio di oro: dato non sorprendente se si considera che vi è uguaglianza tra il costo di un chilogrammo di oro ed una stessa quantità di cocaina o di eroina.
Il reddito annuo del traffico di droga è stimato in 500 miliardi di dollari ed è la base finanziaria ed organizzativa per diversi nuovi partiti influenti che entrano inevitabilmente in competizione con lo Stato ed influenzano fortemente la situazione socio-politica.
Pericolosi criminali, che si basano sulle grandi opportunità finanziarie del narco-transito, coinvolgono nelle loro attività intere comunità, che assumono le caratteristiche delle organizzazioni quasi-pubbliche.
Queste formazioni inevitabilmente si indeboliscono e si disintegrano in Stati sovrani, divenendo protagoniste di atti di terrorismo, di pirateria, di traffico di persone e di armi. Questa iperattività criminale si manifesta sempre più come un potere parallelo allo Stato, la cui economia illegale a volte supera anche le possibilità concreta dei Governi degli Stati nazionali.
I narco-baroni locali, organizzatori del narcotraffico, sono gli attori e sponsor di una violenta lotta sia contro le formazioni in competizione, sia con l’opposizione armata delle autorità, minando in tal modo la stabilità e lo sviluppo delle regioni di transito di sostanze stupefacenti più importanti.
L’esempio dell’America Latina, che dal 2000 al 2010 ha visto un milione di omicidi premeditati, raggiungendo in questo indicatore campione “tradizionale” l’Africa – è decisivo. Oggi nei paesi dell’America Latina vengono commessi più del 30% di tutti gli omicidi premeditati nel mondo, problema sconcertante se si considera che qui vive solo il 9% della popolazione mondiale.
Il numero di omicidi premeditati in America Latina e nella regione caraibica nel 2014 ha superato la media globale di quattro volte.
Tra le 50 città del mondo con il più alto livello di violenza, 40 città si trovano nell’America Latina, occupando i primi dieci posti della lista. Il livello acuto ed intenso di violenza, aumentato in America Latina nel corso degli ultimi venti anni, è causato dalla produzione e dal traffico di cocaina. I nomi dei più potenti narcotrafficanti transnazionali Latino-Americani sono diventati noti in tutto il mondo, tra i quali “bristles” in Messico e Guatemala, “a team of Primeyr yes the capital” “Mara Salvatrucha” in El Salvador e Honduras, i “Bacrim “(bande) in Colombia, che hanno sostituito gli storici trafficanti di Cali e Medellin.
Alcuni di essi, ad esempio, le salvadoregne “maras”, superano nel numero tutte le strutture di potere ufficiali del paese.
Gli esempi in Africa ed in America Centrale dimostrano chiaramente che essi costituiscono una minaccia per la sicurezza locale e global: i narcotrafficanti operano su un livello qualitativamente nuovo
In alcuni casi, essi hanno un servizio organizzato di controspionaggio e di indagine, forze di reazione rapida, gruppi paramilitari e sistemi criminali, trasporti e servizi logistici, i quali consentono di qualificarsi quasi come enti pubblici, una sorta di Stato nello Stato.
La causa principale della situazione critica degli stupefacenti nel mondo risiede nei centri di produzione di eroina in Afghanistan e di cocaina in America Latina, che hanno raggiunto un carattere veramente industriale. I volumi di emissione e di investimento di questi soggetti in rete criminale globale hanno raggiunto i tre miliardi di dollari negli ultimi 15 anni.
In sostanza, gli stupefacenti sono una risorsa fondamentale per il funzionamento della criminalità organizzata transnazionale, come un’entità che mina la sicurezza in tutte le regioni del mondo.
4. Materia per il Consiglio di Sicurezza?
Nel 2004 il Gruppo appositamente istituito dal Segretario generale delle Nazioni Unite (A / 58/612) ha dichiarato che “una delle attività principali di gruppi criminali organizzati – traffico di droga – ha un notevole impatto sulla sicurezza. In alcune regioni gli enormi profitti realizzati con questo tipo di attività, anche superiori al PIL di alcuni paesi, creano una minaccia per il governo, lo sviluppo economico e per lo stato di diritto “.
Nel dicembre 2009, il Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in un rapporto sulla pace e sulla sicurezza in Africa, ha esortato il Segretario generale a “prendere in considerazione il problema del traffico illecito di stupefacenti come uno dei fattori chiave per elaborare la strategia di prevenzione dei conflitti, l’analisi dei conflitti, la valutazione e la pianificazione delle missioni e il sostegno per costruire la pace”.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, BanKi-moon, ha detto nel vertice dell’Unione africana nel gennaio 2010 che “il traffico di droga rappresenta una minaccia crescente per la pace internazionale e per la sicurezza in Africa“.
Nel febbraio 2010 il Consiglio di sicurezza ha rilevato con preoccupazione “che ci sono gravi minacce poste in alcuni casi, dal traffico di droga e dal crimine organizzato transnazionale, alla sicurezza internazionale in diverse regioni del mondo“.
Nel luglio 2010, il Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato che “i membri del Consiglio hanno espresso preoccupazione in relazione alla crescita del traffico illegale di droga e alla criminalità organizzata che minacciano la pace e la sicurezza non solo in Guinea-Bissau, ma anche in tutta la regione “.
Nella dichiarazione dei Capi di Stato membri dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva del 2011 è stato osservato che “la distribuzione di oppiacei afgani ha assunto una tale dimensione che mette in pericolo la pace e la sicurezza internazionale“.
Nella conferenza ministeriale antinarcotica a Mosca nel 2014 e nella seconda Conferenza ministeriale antinarcotica a Mosca sono stati evidenziati ulteriormente la natura globale e l’aumento dimensionale nel traffico di droga, una minaccia per la sicurezza di tutta la comunità internazionale.
Analogamente è avvenuto nella Commissione della dichiarazione dei capi degli organi di polizia dei paesi dell’America centrale, Caraibi, Messico e Colombia adottata a Managua nel settembre 2014 e nella Dichiarazione russo-africana all’esito della Conferenza Antinarcotica di Banjul (Gambia) nel mese di luglio del 2015.
In questo senso, la considerazione del problema della droga, visto come una minaccia alla sicurezza, è stato ripetutamente sostenuto in varie sedi internazionali.
Tuttavia l’ONU ha affrontato questi problemi principalmente come di tipo umanitario nel contesto dei problemi sociali ed economici dell’ECOSOS. Il problema della droga è, in realtà, escluso dal lavoro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e ciò non permette alle comunità internazionali una valutazione giuridica del problema di sicurezza.
5. La risposta è nell’agricoltura
Guardando con un po’ di ottimismo la società del suo tempo e le profonde trasformazioni delle economie emergenti, il grande scrittore francese, Émile Zola, aveva detto una volta, piuttosto tristemente, che il concime con cui era cresciuto l’umanità e si sarebbe sviluppata nel futuro era il denaro.
Nessuno può negare che il traffico di droga costituisce il “core business” del crimine. Se è così, il contrasto al traffico di droga deve ora cambiare marcia.
In questo senso, un primo passo di una nuova strategia di contrasto è la promozione dello sviluppo alternativo su larga scala nelle regioni chiave della narco-produzione.
Come abbiamo dimostrato, ci sono due aree principali di produzione di piante narcotiche, l’Asia del Sud, per l’eroina, ed il Sud America per la cocaina.
In ciascuna di queste aree la coltivazione è strettamente legata all’economia del paese, sia perché rappresenta una fonte di reddito per una parte della popolazione, sia perché dà vita ad un traffico estremamente redditizio. Il conflitto, che finora ha prodotto solo risultati limitati, è basato principalmente su una strategia puramente repressiva.
Un nuovo approccio per la soluzione del problema è semplicemente volto ad eliminare le piante base delle sostanze narcotiche. Dette politiche, tuttavia, per non rivelarsi riduttive o addirittura dannose, perché suscettibili di allontanare ancora di più i cittadini dallo Stato e dalla legge, devono provvedere a creare valide alternative per la sostenibilità economica.
Questo è il motivo per cui la distruzione, attraverso tecniche quali la fumigazione aerea o l’eradicazione forzata da una provincia del papavero o dell’ oppio potrebbe semplicemente significare che la forza lavoro, prima impegnata nella coltivazione di questa attività, si muove in altre aree per continuare la stessa attività o addirittura può essere vista come un venir meno di chance lavorative per gli abitanti di tali zone.
È stato sottolineato da diversi osservatori, quindi, che l’eradicazione delle piante stupefacenti, per essere efficace, dovrebbe costituire solo una fase di un processo più complesso, per garantire uno sviluppo alternativo delle superfici utilizzate per la coltivazione, con colture alternative e con la concessione di prestiti agli agricoltori.
Solo attraverso la ricostruzione di un ciclo produttivo virtuoso nelle zone colpite è possibile creare una nuova economia in grado di sostituire il precedente apparato produttivo criminale. Per raggiungere questo scopo è necessario sviluppare programmi alternativi volti a favorire lo sviluppo sostenibile, la creazione di posti di lavoro e infrastrutture. Questa linea di azione, al fianco della classica repressione e di un forte sostegno ai governi locali nella lotta contro il traffico di droga, rappresenta una nuova frontiera della politica sulle droghe. In altre parole, oltre alla necessità di una maggiore cooperazione tra gli Stati di transito nel monitorare gli itinerari utilizzati dai trafficanti, è essenziale fornire ai paesi produttori mezzi ed assistenza per abbandonare la coltivazione di papavero e di oppio e per convertire la loro agricoltura ad altri tipi di coltivazione. Tali attività geopolitico-economiche dovrebbero sempre, tuttavia, essere accompagnate da un’analisi sistematica sulle nuove droghe, tra cui quelle sintetiche, sui loro luoghi e sulle procedure di produzione, distribuzione e consumo, per verificare l’impatto, anche epidemiologico sul nuovo modo di lavorare sul traffico globale di droga, per prevenire e contrastare in anticipo ogni tentativo da parte dei “signori della droga” e per convertire e rigenerare il loro business.
Un secondo strumento essenziale per combattere efficacemente il problema del traffico internazionale di stupefacenti è dato dalla cooperazione internazionale adeguata e seria, sostenuta non solo da semplici dichiarazioni di intenti, ma da strumenti concreti (soprattutto in informazioni e analisi, al fine di rendere possibile una valutazione complessiva e sistemico-condivisa, e, successivamente, politico- normativa, investigativa e giudiziaria) moderni e più ampiamente condivisi tra i paesi, perché nessun paese dovrebbe essere l’anello debole della catena e quindi fornire un’opportunità operativa per i trafficanti. Il “problema droga”, oltre ad avere un impatto sociale negativo ed un impatto negativo sulla salute è diventato una questione di sicurezza, sia a livello nazionale sia internazionale e, quindi, gli attuali approcci tradizionali e metodi di contrasto e di prevenzione, anche se ci fosse una scoperta e lo scambio delle migliori pratiche, sono insufficienti. In questo senso, è necessario attuare efficacemente le disposizioni contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite, firmata a Palermo nel 2000, contro il crimine organizzato transnazionale.
Il traffico di droga è la manifestazione più tipica del carattere transnazionale ed internazionale della criminalità organizzata (per il numero di paesi e la varietà di organizzazioni ed individui coinvolti) e vede, più di qualsiasi altra attività illecita, in crescendo, un sincretismo flessibile e dinamico tra i gruppi criminali in tutte le fasi della catena del valore (produzione, trasformazione, di intermediazione, trasporto e tratta). In particolare, con riferimento alla Convenzione di cui sopra, è fondamentale la disposizione di cui all’art. 19 ( “indagini congiunte”) sui corpi investigativi comuni, così come quello dell’art. 20 ( “tecniche investigative speciali”) nel campo delle consegne controllate internazionali, operazioni sotto copertura e altre tecniche investigative speciali. In questa direzione sarebbe opportuno l’attuazione più ampia ed efficace dell’art. 21 ( “Trasferimento dei procedimenti penali”), così come dell’art. 18 ( “L’assistenza giudiziaria reciproca”) e dell’art. 16 ( “Estradizione”). Di assoluto rilievo è anche la disposizione contenuta nell’art. 13 ( “La cooperazione internazionale ai fini della confisca”) al fine di colpire efficacemente i gruppi criminali coinvolti nel traffico di droga, privandoli della enorme attività del traffico di droga che avviene attraverso il trasporto di frutta. È inoltre auspicabile per l’arresto del traffico l’ efficace cooperazione internazionale tra gli organi doganali sulla scena internazionale.
Infine, è necessario non sottovalutare la necessità, anche nel contesto della situazione della droga, di adottare i modelli di informazioni, procedure normative e di indagine per un contesto globale, nonché nello spazio cibernetico. Infatti, oltre alle incalcolabili opportunità offerte da Internet (che si presta efficacemente per pubblicizzare e vendere ogni tipo di sostanza, sia su aperto web che nel web profondo, e spesso utilizzando monete virtuali, come i bitcoin, per facilitare le operazioni illegali ), spesso c’è anche bisogno di trattare con una legislazione adeguata o condiscendente sulle attività svolte sul web.
In conclusione, il problema legato al traffico di droga è diventato una vera e propria asimmetrica minaccia internazionale. Sotto quest’ultimo aspetto, sarebbe uno strumento utile per espandere la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, firmata a Budapest nel 2001, e in particolare l’articolo 35 (“Rete 24/7”).
Un altro aspetto necessario è legato a strumenti di capitale, in particolare alla confisca dei proventi di attività criminali legate al traffico di droga. Per realizzare l’armonizzazione delle legislazioni per la lotta contro il riciclaggio di denaro, è necessario volgere uno sguardo attento ai cosiddetti “paradisi fiscali” e all’uso della rete per nuove forme di cyber-riciclaggio.
Dovrebbe essere promossa la lotta contro il riciclaggio di denaro attraverso il recupero dei beni sequestrati
e confiscati e la loro effettiva destinazione per motivi di sicurezza e per scopi sociali. È necessario, altresì, aumentare il livello e l’efficienza degli organi preposti al contrasto della criminalità per contribuire al benessere della società e per migliorare lo sviluppo morale, politico ed economico di intere aree nel mondo.
In tale contesto, per rafforzare le iniziative finalizzate alla diffusione dei valori, sarà fondamentale la creazione di capacità operative e l’incremento delle istituzioni e delle forze dell’ordine, in particolare a favore dei paesi in via di sviluppo in vari modi colpiti dalla piaga del traffico di droga.
La lotta contro il riciclaggio di denaro attraverso il recupero dei beni dovrebbe poi essere promossa, anche l’effettiva destinazione per motivi di sicurezza e per scopi sociali, in termini di beni sequestrati e confiscati, per aumentare il livello degli organi di contrasto di efficienza, per contribuire al benessere della politica, come oltre che per migliorare lo sviluppo morale ed economico di intere aree del globo. In tale contesto sarà fondamentale per rafforzare le iniziative finalizzate alla diffusione dei valori, e l’institution building forze dell’ordine, in particolare a favore dei paesi in via di sviluppo in vari modi colpite dalla piaga del traffico di droga.