La Riforma del Processo penale

Di Antonio De Lucia -

La riforma del Processo Penale è legge. Questo quanto disposto dal voto del Senato del 21/09/2021 che con 177 si e 24 no approva definitivamente (già in precedenza si era avuto il voto favorevole della camera dei deputati) la riforma rendendola legge dello Stato.

“Rispettati in pieno gli impegni sottoscritti con l’Europa”, questo il primo commento del Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che ha, inoltre, ricordato come la riforma della Giustizia sia condizionata alla erogazione dei fondi del PNRR.

Soffermandosi solo su quelli che sono gli elementi di maggior rottura con il passato desumibili dal testo, è possibile notare come la nuova legge sia protesa, anzitutto, ad operare un taglio del 25% dei Processi penali attraverso deflazione e digitalizzazione.

La nuova norma introduce il meccanismo dell’improcedibilità, finalizzato a bilanciare l’arresto delle prescrizioni dopo la sentenza di primo grado della legge Bonafede, per i reati commessi dopo il primo gennaio 2020. Dal 2024 la durata dei processi sarà di tre anni in appello e di un massimo di diciotto mesi in Cassazione (un anno prorogabile per altri sei mesi, quest’ultimo termine valido per i primi tre anni di vigenza della norma). I nuovi termini non sono, comunque, validi per i reati puniti con l’ergastolo, un regime speciale varrà invece per reati di mafia e terrorismo.

Altro punto significativo è quello con il quale si tende a far cambiare la durata massima delle indagini, in caso di “stasi” del fascicolo sarà necessario l’intervento del Giudice per le Indagini Preliminari per indurre il Pubblico Ministero a prendere le sue decisioni.

Il rinvio a giudizio sarà prevedibile solo ove ipotizzabile la condanna.

Quanto alla violenza contro le donne, le norme del c.d. Codice Rosso scatteranno anche per tentato omicidio e violenza sessuale, e ancora arresto in flagranza anche nei casi di maltrattamento e stalking e per chi viola il divieto di avvicinamento.

Da una breve disamina sembra, dunque, che le nuove norme modifichino in gran parte il ddl Bonafede, che “giaceva” da oltre un anno in commissione.  L’impostazione complessiva della riforma mira a velocizzare i tempi dei processi, andando ad agire in ogni modo su detti elementi, anche sui riti alternativi. Viene, così, introdotto il principio della “giustizia riparativa”.

Si prevede, inoltre, un apposito Comitato tecnico scientifico istituito presso il Ministero della Giustizia che annualmente supervisionerà l’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi nelle varie Corti d’appello, rapportandosi con il ministero, per i provvedimenti necessari sul fronte dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi.

I risultati del monitoraggio saranno trasmessi al Csm, per valutazioni di competenza.

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