Intervento del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo per il ventennale della Convenzione di Palermo (UNTOC)

Di Redazione -

UNITED NATIONS CONVENTION AGAINST TRANSNATIONAL ORGANIZED CRIME UNODC

12 October 2020

Concluding remarks: Federico Cafiero de Raho Procuratore Nazionale antimafia e antiterrorismo

LA CONVENZIONE DI PALERMO  PER IL CONTRASTO GLOBALE DEL CRIMINE ORGANIZZATO

 

Intervenire alla celebrazione del ventesimo della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale è una grande occasione per la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, pensata e voluta da Giovanni Falcone.

La Convenzione[1] introduce una novità assoluta in campo internazionale; affronta, cioè, non fatti criminosi specifici, come la Convenzione sul traffico di droga o quella sulla corruzione o sul riciclaggio, ma qualunque attività criminosa sviluppata da un gruppo transnazionale.[2]

Il crimine organizzato – in qualunque sua forma ed a qualsiasi latitudine – non avrebbe il volto, che ha assunto se non avesse il controllo di un mercato che vale, annualmente, oltre 500 miliardi di euro a livello globale.

L’entità e lo sviluppo di molti dei più allarmanti crimini sono direttamente proporzionali al livello di crescita raggiunto dalle grandi organizzazioni criminali in un determinato paese.

È altissimo il livello di corruzione alimentato da gruppi criminali, che dispongono di entrate e patrimoni così consistenti.

Di fronte alla operatività di forme di criminalità organizzata travalicanti le frontiere di ciascun Paese, proiettate su basi stabili in Paesi diversi e lontani tra loro, legate da accordi con organizzazioni criminali operanti in varie parti del globo è anacronistico e inconsistente pensare a forme di contrasto che non trovino basi solide nella condivisione delle conoscenze, nella cooperazione giudiziaria internazionale e nella collaborazione di polizia globale.

Lo scopo della Convenzione[3] è promuovere la cooperazione per prevenire e combattere il crimine transnazionale organizzato in maniera più efficace.

La Convenzione sollecita gli Stati ad adottare una efficace disciplina per agevolare il contrasto patrimoniale con gli strumenti del “sequestro” o “congelamento” e la “confisca” nonché per il più condiviso sviluppo delle indagini con la costituzione di organismi investigativi comuni (le attuali squadre investigative comuni) o l’infiltrazione di agenti sottocopertura o la “sorveglianza elettronica” e la “consegna controllata”, strumenti di straordinaria attualità ed efficacia, che consentono ai Paesi aderenti di sviluppare indagini coordinate, con immediata condivisione delle informazioni, per l’assunzione di tempestive iniziative di polizia e magistratura.

Nel riconoscere la dimensione economica del crimine organizzato, la Convenzione ha invitato tutti i Paesi a prevedere la fattispecie penale del riciclaggio e misure idonee a prevenirlo e contrastarlo e, al tempo stesso, ha sollecitato l’esclusione o, almeno, l’attenuazione del segreto bancario (artt.12 comma 6 e 18 comma 8).

La tratta delle persone e il traffico di migranti oltre al traffico illegale di armi da fuoco sono stati oggetto dei protocolli aggiuntivi, necessari tanto che in alcuni Paesi la tratta delle persone non era prevista come reato e il traffico di armi è tra gli affari più redditizi portati avanti da potentati economici a volte sostenuti da settori della politica.

L’esigenza di internazionalizzazione del contrasto coordinato e condiviso tra le forze di polizia e la magistratura dei vari Paesi impone che tutti adeguino la loro legislazione ai contenuti della Convenzione.

La Convenzione pone le basi per armonizzare le legislazioni dei diversi Paesi.

La disarmonia dei sistemi è fonte di gravissime anomalie operative e favorisce la criminalità organizzata.

È sempre più necessario occuparsi dei paradisi normativi, e non solo dei paradisi fiscali.

Le mafie e i sistemi criminali rappresentano una minaccia per la sicurezza e la libertà dei cittadini e per la tenuta delle democrazie.

L’esperienza della Direzione nazionale evidenzia che le organizzazioni criminali di cui si occupa il circuito giudiziario antimafia, in Italia, operano con estensione in Europa, come in Canada, negli Stati Uniti, nel centro e nel sud America, in alcuni paesi dell’Africa e in altri Paesi del mondo, ampliando il campo di operatività progressivamente.

Nei traffici illeciti e nei canali del riciclaggio le organizzazioni criminali privilegiano i Paesi ove minore è il contrasto sia per la debolezza della legge, sia per la mancanza di

specializzazione delle forze deputate al contrasto.

Il 18 ottobre 2018 è stato adottato dalla Conferenza dei Paesi aderenti un meccanismo di revisione, che ci auguriamo possa consentire di pervenire ad un’armonica disciplina per il contrasto globale al crimine organizzato.

Il contrasto alla criminalità organizzata è una sfida che richiede uno sforzo corale con l’adozione di figure di reato corrispondenti alle rinnovate esigenze di una strategia di prevenzione e repressione adeguata.

Le mafie e, in generale, il crimine organizzato transnazionale utilizzano sistemi sempre più raffinati per infiltrarsi nell’economia, reinvestire la ricchezza di provenienza illecita e sfuggire ai controlli, riducendo gli spazi del mercato libero e dell’occupazione.

La formula più efficace per la lotta alla criminalità organizzata è quella di “seguire il denaro”, come insegnarono Rocco Chinnici e Giovanni Falcone entrambi vittime di quella mafia che per primi seppero combattere con strumenti e strategie adeguate.

Quel modello è stato replicato, in Italia, dal circuito giudiziario antimafia della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali, che hanno nella loro strategia l’aggressione ai patrimoni mafiosi.

Per contrastare il crimine organizzato transnazionale occorrono strumenti sempre più raffinati e specifici.

La Convenzione è lo strumento di cooperazione applicabile al crimine organizzato, non solo quando gestisce il traffico di sostanze stupefacenti ma anche il traffico di migranti e la tratta delle persone, con lo sfruttamento lavorativo e sessuale, il traffico di rifiuti e i reati ambientali, anch’essi sempre più monopolio della criminalità organizzata, che utilizza siti di sversamento di rifiuti tossici e nocivi nei Paesi più poveri, ove minore è la difesa del territorio e, purtroppo, della salute.

Una cooperazione giudiziaria rafforzata ed una collaborazione di polizia globalizzata consentirebbe di contrastare più efficacemente il crimine organizzato transnazionale e affrontare le nuove tecnologie, la globalizzazione delle transazioni finanziarie e la nascita di sistemi di pagamento alternativi, il cui anonimato ne consente il potenziale uso improprio per scopi criminali; i bitcoin e la valuta virtuale rappresentano canali sui quali occorre intervenire con adeguate misure volte a garantire maggiore trasparenza del contesto economico finanziario non solo nazionale ma globale. I canali delle valute virtuali sono tantissimi e difficilmente monitorabili, anche per la capacità di viaggiare in un campo non parametrato ai confini del mondo bancario.

La dimensione economica del crimine organizzato, del sistema della corruzione e del terrorismo non potrà essere contrastata senza che vengano attuate forme di collaborazione di polizia e cooperazione giudiziaria, agili, duttili, immediate, tra tutti i Paesi Parte. Se un trafficante di droga o di esseri umani gestisce i propri affari con un semplice messaggio inviato al suo interlocutore in altra parte del mondo, la capacità di contrasto dei singoli Paesi con le proprie magistrature e polizie deve essere altrettanto veloce. Questo è oggi il nostro obiettivo. Per questo siamo qui. Non per adempiere ad una formalità. Ma per dare un indirizzo al nostro impegno.

Il crimine organizzato non potrà essere efficacemente contrastato a livello globale se non sarà condiviso da tutti i Paesi l’accesso ai dati digitali, tanto più necessario con l’avvento del 5G e dell’intelligenza artificiale.

È necessario aggiornare e condividere i nuovi metodi investigativi e i quadri giuridici per affrontare i sempre più avanzati e raffinati strumenti tecnologici utilizzati da corrotti, mafiosi e terroristi. L’accesso ai dati elettronici nelle indagini sul crimine organizzato e sulla corruzione ha assunto un rilievo determinante. Le prove digitali – come, ad esempio, i post di Facebook, messaggi Whatsapp, chiamate via Skype, foto pubblicate tramite email o Instagram e i dati connessi alla tecnologia del 5G – possono essere le uniche prove riguardanti la partecipazione ai crimini commessi dalle organizzazioni mafiose e da quelle terroristiche, oltre che dal sistema della corruzione. La sicurezza del mondo intero dipende anche dalla possibilità di accedere a questi dati.

Ma anche la conservazione dei dati riguardanti le comunicazioni è di straordinaria rilevanza e anche ad essa i Paesi parte devono guardare con sensibilità e lungimiranza.

La Convenzione sollecita l’assistenza giudiziaria reciproca, la cooperazione internazionale, la collaborazione tra le forze di polizia (artt.18 e 27), con contenuti di straordinaria modernità, che hanno trovato frequente attuazione tra i diversi Paesi parte; ma occorre un passo più veloce e maggiore fiducia tra i protagonisti del contrasto al crimine organizzato.

La piena attuazione da parte di tutti i 190 paesi aderenti consentirebbe la realizzazione di nuove forme di cooperazione giudiziaria, di estensione globale.

La Convenzione di Palermo è lo strumento di contrasto internazionale alle moderne mafie, che reinvestano nell’economia legale e utilizzano la corruzione e la collusione come strumenti di infiltrazione nella politica e nelle Istituzioni.

Nel contrasto alle mafie è necessario abbattere le frontiere e lavorare insieme. La Direzione nazionale è proattiva e si esprime, nella proiezione internazionale, con la formulazione e sottoscrizione di intese di collaborazione e cooperazione giudiziaria[4] con numerosi Paesi aderenti, per la condivisione delle informazioni con le omologhe Autorità giudiziarie, al fine di rendere immediato lo scambio delle conoscenze e impostare strategie di contrasto comuni.

Accogliendo l’invito delle Nazioni Unite, occorre compiere tutti gli sforzi necessari ad accrescere la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo in modo da rafforzare la capacità di questi nel prevenire e combattere la criminalità organizzata transnazionale; occorre aumentare l’assistenza finanziaria e materiale, in modo da sostenere gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo nell’efficace lotta alla criminalità organizzata e aiutarli ad attuare con successo la Convenzione.

Alcuni traffici si combattono con la partecipazione di tutti i Paesi, soprattutto in quei territori ove i traffici trovano origine.

Qui va segnalata l’importante iniziativa assunta per rafforzare la cooperazione dell’Italia con la Nigeria, Paese crocevia dei traffici di migranti e di origine della parte più consistente di vittime di tratta di esseri umani. Con il sostegno dell’UNODC – cui esprimo il più sentito ringraziamento – è stato distaccato, fin dal 2018, in Italia, un magistrato di collegamento[5] , che ha reso la cooperazione e gli scambi di informazioni molto più rapidi ed affidabili, con il conseguimento di numerosi successi.

Dal giugno del 2019 il magistrato di collegamento nigeriano è stato distaccato presso la Direzione Nazionale[6].

Tale forma di cooperazione è un modello che andrebbe replicato anche per altre realtà.

Per poter definitivamente sconfiggere la mafia, oltre alla specializzata azione repressiva, portata avanti da ciascun Paese con i migliori uomini, oltre ad una legislazione adeguata e una forte collaborazione di polizia e cooperazione giudiziaria occorre la forte presa di coscienza della società civile, che sia realmente proiettata verso il cambiamento.

L’istruzione, la scuola, le università, le associazioni, la società civile tutta costituiscono la piattaforma granitica su cui deve essere realizzato un mondo rispettoso dei diritti e della dignità umana e sociale, privo di diseguaglianze. E in questo tutti i Paesi devono essere protagonisti per la tutela dei diritti.

Roma 12 ottobre 2020

Federico Cafiero de Raho

Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo

[1] La Convenzione è adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU con la Risoluzione 55/25 del 15 novembre 2000 e sottoscritta a Palermo durante la Conferenza svoltasi dal 2 al 15 dicembre 2000, è entrata in vigore il 29 settembre 2003 (unitamente ai relativi 3 Protocolli addizionali contro la tratta di persone, il traffico di migrant e la produzione e il traffico illegale di armi da fuoco) ed è stata ratificata ed attuata in Italia con la legge 16 marzo 2006 n.146.

[2] La nozione di gruppo criminale organizzato (art.2 lett.a), come “gruppo strutturato, esistente per un periodo di tempo, composto da tre o più persone che agiscono di concerto al fine di commettere uno o più reati gravi o reati stabiliti dalla presente Convenzione, al fine di ottenere direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale” che nel 2000, poteva apparire, nella sua formulazione generale, un fattore di debolezza, va oggi ritenuta un punto di forza, perchè consente di adattare con la massima immediatezza la disciplina convenzionale all’incessante mutare della realtà.

[3] L’art.1 della Convenzione ne definisce chiaramente la finalità: Lo scopo della presente Convenzione è promuovere la cooperazione per prevenire e combattere il crimine transnazionale organizzato in maniera più efficace.

[4] Dai Rapporti sviluppati con I Procuratori Generali o per i reati gravi dell’Area balcanica, ha trovato condivisione un vero e proprio network tra il PNA e i Procuratori di diversi Paesi dell’area Balcanica occidentale, finalizzato ad un’azione di contrasto congiunta alla criminalità organizzata e al terrorismo: tematiche coincidenti con quelle del Progetto IPA.

Altro importante Progetto che interessa la medesima area e, in particolare, l’Albania, è il Progetto PAMECA V, promosso dall’UE e realizzato in collaborazione tra il Ministero dell’Interno e il CSM; la DNA sta dando il suo contributo nella formazione di magistrati e forze di polizia.

La DNA continua a fornire un significativo contributo all’attuazione del programma TAIEX (Technical Assistance and Information Exchanfìge Instrument), strumento di assistenza tecnica e institution-building finanziato dalla Commissione Europea e indirizzato ai Paesi candidati e potenziali candidati ad entrare nell’UE (Albania, Bosnia Erzegovina, FYROM/Macedonia, Montenegro, Serbia, Kosovo e Turchia: la Croazia, anche se Stato membro dal 1 luglio 2013 beneficia ancora dell’Assistenza TAIEX), i Paesi del Vicinato (Algeria, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Egitto. Georgia, Israele, Giordania, Libano, Libia, Moldavia, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia, Ucraina e Russia), la Comunità Turco-Cipriota (che risiede nella parte Nord di Cipro). La finalità di questo strumento è quella di fornire assistenza tecnica di breve periodo relativamente alla trasposizione della legislazione dell’Unione Europea nella legislazione nazionale dei paesi beneficiari e nelle rispettive amministrazioni.

Oltre ai progetti promossi dall’Unione Europea, la DNA ha dato la sua adesione al Progetto promosso dal Procuratore generale di Aix-en-Provence finalizzato a creare un network tra i Procuratori dei Paesi del Mediterraneo, strumentale ad un’azione congiunta nel contrasto alla criminalità organizzata e, in particolrare, al narcotraffico.

L’altra area cui si faceva riferimento è l’area dei Paesi latino-americani.

La DNA sta partecipando al Progetto EL PAcCTO, un importante strumento di cooperazione tra l’UE e l’America Latina, finalizzato a fornire assistenza tecnica per il rafforzamento del Sistema giustizia penale in detti Paesi.

In particolare, l’Italia si è aggiudicata il “pilastro” penitenziario.

Allo stato, la DNA ha partecipato, oltre che a incontri organizzativi e di pianificazione svoltasi in Italia, a diverse missioni nei Paesi del centro e sud America.

In occasione del lancio del Progetto a Buenos Aires il 10 e 11 Aprile 2018, il PNA ha siglato un Accordo Quadro di cooperazione e reciproca assistenza giudiziaria con il Procuratore Generale dell’Argentina.

Nell’ottica di instaurare rapporti diretti di cooperazione con i Paesi dell’America Latina, abbiamo incontrato diverse delegazioni di Autorità quali la Fiscal General del Guatemala, il Ministro della Giustizia argentino, il Ministro della Secretaria de prevencion de lavado de dinero o bienes.

Una precisa scelta strategica è sottesa anche alla stipula dei MoU, tradizionale espressione della capacità della DNA di instaurare o rafforzare rapporti di cooperazione internazionale: nell’ultimo anno si è privilegiato il rapporto con i Paesi con i quali – per motivazioni disparate – le richieste di assistenza giudiziaria avevano sempre sortito risultati piuttosto stentati, ma con cui era indispensabile instautare un rapporto di fiducia e collaborazione, per essere gli interlocutori naturali nell’azione di contrasto alle più gravi forme di criminalità organizzata.

[5] Magistrato della Procura Generale nigeriana Mrs. HAJARA HARUNA YUSUF

[6] Il magistrato di collegamento svolge un essenziale funzione di raccordo tra le autorità giudiziarie nazionali e l’Autorità Centrale nigeriana raccogliendo materialmente gli atti diretti alla Nigeria, seguendo l’iter procedutare nel Paese di origine e restituendo alla autorità italiane, in tempi brevi, le risposte dell’Autorità Cenrtale nigeriana. Si tratta di una nuova forma di cooperazione che manifesta anche la forte volontà della Nigeria di contribuire al contrasto del fenomeno con diverse modalità e con maggiore determinazione del passato.

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