Gli accordi transatlantici di libero commercio e la clausola ISDS

Di Rubinia Proli ed Elena Valguarnera -

Gli anni novanta sono stati caratterizzati da un forte rallentamento nella crescita del reddito e della produttività sia degli Stati Uniti, sia delle nazioni centrali del processo di integrazione, quali Germania, Francia e Italia.
Per tali ragioni si è reso “necessario” avviare un ciclo di negoziati, dapprima nell’area del Pacifico e successivamente in Europa, per la ridefinizione degli assetti doganali e della libera circolazione di beni e servizi.
In relazione all’area del pacifico dopo quasi 6 anni e 19 round di negoziati, il 5 ottobre 2016 è stato annunciato l’accordo fra 12 parti contraenti del Trans Pacific Partnership.
Il TPP è un trattato commerciale, che punta all’eliminazione o all’abbassamento delle tariffe doganali fra i paesi partecipanti, volto a stabilire una regolamentazione comune sul diritto di proprietà intellettuale, ad aumentare gli standard in materia ambientale e del lavoro. L’intesa raggiunta riguarda il 40% dell’economia mondiale e si propone di sostenere e supportare l’export del made in Usa, creare nuovi posti di lavoro qualificati in territorio statunitense, ridurre progressivamente migliaia di dazi e barriere all’interscambio, aprire i mercati agricoli di Canada e Giappone, rendere uniformi e più severe le norme sui brevetti a vantaggio sia di società farmaceutiche, sia tecnologiche ed apre le frontiere di Internet.
Oltre a rispondere alle esigenze di crescita economica e aumento dell’occupazione, l’accordo include anche norme in materia ambientale e di diritti umani e, regolando i più moderni comparti dell’industria globale come telecomunicazioni, commercio elettronico e trattamento dei dati, costituisce un’innovazione rispetto agli accordi già posti in essere e contribuirà, in maniera sostanziale, a rimodellare le dinamiche e i canoni del commercio globale.
Sul piano geopolitico non si tratta di un accordo con finalità esclusivamente commerciali, è piuttosto un patto strategico. Tuttavia, ciò che ha scosso maggiormente l’opinione pubblica è che il TPP ha sviluppato in segreto un tribunale sovranazionale che permetterà alle multinazionali di citare in giudizio gli Stati.
L’accordo rafforza ed amplia il sistema legale di soluzione delle controversie investitore-Stato (Investor-State Dispute Settlement ISDS) ed eleva le imprese multinazionali allo stesso rango e categoria dei Governi sovrani.
Nel rapporto investitore privato e Stato il TPP farà sì che le corporation straniere possano citare in giudizio i Governi nazionali, sottomettendo i Paesi firmatari alla giurisdizione di tribunali arbitrari di investitori, gestiti da avvocati privati.
Il meccanismo ISDS istituisce un tribunale commerciale ad hoc per proteggere gli investimenti delle imprese straniere da ingiuste espropriazioni o da un trattato discriminatorio del paese di accoglienza. I tribunali internazionali potrebbero avere la facoltà di ordinare ai Governi di pagare, con le casse dello Stato, i risarcimenti in contanti, virtualmente illimitati, a corporation straniere, nel caso in cui la politica di un nuovo o di un esistente Governo andasse a condizionare i futuri guadagni degli investitori. Il regime del TPP assicura, infatti, agli investitori stranieri ed alle multinazionali il pieno diritto di minare la sovranità delle nazioni firmatarie evitando normative nazionali e limitando le capacità dei Governi di condurre una politica economica autonoma consentendo ad un investitore che investe in un determinato paese membro di un trattato commerciale di citare il Governo di un Paese membro di un trattato commerciale per rottura, qualora violi quel trattato.
Il sistema ISDS tuttavia, non può stravolgere le leggi locali, a differenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che violano gli accordi commerciali, ma può concedere il risarcimento dei danni per gli investitori lesi da tali leggi. Il complesso ISDS richiede specifiche violazioni dei trattati, e non consente alle aziende di citare in giudizio esclusivamente su “profitti perduti”. Poiché il presunto obiettivo del sistema ISDS è di aumentare la sicurezza per gli investitori in Stati senza un adeguato “Stato di diritto”, l’ISDS salta così a pie’ pari la giurisdizione nazionale, trascinando i Governi dinanzi a corti di arbitrato internazionali dal funzionamento opaco e marcatamente a vantaggio dell’investitore privato.
Nel vecchio continente invece, la Commissione Europea è impegnata a negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, noto come Partenariato transatlantico su commercio e investimenti, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP).
Con questo accordo si darebbe vita ad un mercato unico nel quale lo scambio delle merci dovrebbe essere facilitato ed i costi abbattuti. Ciò alimenterebbe l’export, ma al tempo stesso aumenta i timori per un possibile compromesso al ribasso che ridurrebbe l’attenzione sulla qualità e sui prodotti tipici, DOC, DOP e IGP, che costituiscono, soprattutto per l’Italia, un valore economico irrinunciabile. Alla natura commerciale del patto si contrappongono questioni di principio e di identità, il che hanno portato il dibattito a costruire una forte contrapposizione che nasce dalla scarsa trasparenza sulle trattative in corso.
Il TTIP, definito il più grande trattato commerciale della storia, è sottoposto a negoziazione segreta fra Stati Uniti ed Unione Europea, e se verrà approvato cambierà in modo considerevole la vita di tutti e di ciascuno.
Il TTIP permetterà alle imprese multinazionali di chiamare in giudizio, tramite strumenti di arbitrato estranei alla magistratura ordinaria e ad esse riservati in esclusiva, qualsiasi Governo che con le proprie normative pregiudichi i loro profitti, limitando e disincentivando di fatto l’esercizio del diritto a legiferare di parlamenti, governi e amministrazioni locali democraticamente eletti. La clausola ISDS (Investor state dispute settlement), meccanismo di composizione delle liti fra gli Stati e gli investitori, è presente da tempo in numerosi trattati commerciali. Questo meccanismo non tiene conto della legislazione nazionale, e non è affidato ai tribunali ordinari, bensì ad un collegio arbitrale scelto e pagato dalle due parti in causa.
Come avviene con il Trans Pacific Partnership (TPP), se c’è un accordo internazionale e se c’è uno Stato che legifera in contrapposizione con esso, l’azienda deve essere compensata.
Il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato deve contenere misure di salvaguardia contro richieste manifestamente infondate o futili. Nei fatti, la presenza della clausola ISDS vincola e frena l’operato dei Governi.
Prima di effettuare una qualsiasi scelta politica, prima di adottare qualsiasi normativa per proteggere i cittadini, i Governi dovranno domandarsi se stiano attuando un esproprio indiretto ai danni di un investitore protetto dalla clausola ISDS; se potranno risultare minate le sue “legittime aspettative” e se l’investitore potrà ritenere di aver subito un trattamento “discriminatorio” o non “giusto ed equo”.
La distanza abissale di USA e UE su molti temi importanti, quali gli arbitrati internazionali, la qualità dei prodotti alimentari, la sicurezza legata a salute e ambiente, aveva già posto un pesante interrogativo sulla possibilità di portare a termine i negoziati e di trovare un accordo commerciale, ma l’arrivo del nuovo inquilino alla presidenza degli Stati Uniti dissipa ogni dubbio.

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