COVID-19: TRA EMERGENZA INTERNAZIONALE E GARANZIE DI OPERATIVITA’ PARLAMENTARE

Di Alessandro Parrotta -

Sommario: 1. Contesto – 2. Il sistema italiano – 3. Lo stato europeo: Francia e  Spagna

                            4. Conclusioni

 

 

  1. Contesto

L’11 marzo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente classificato l’infezione da Covid-19 come pandemia.

Il passaggio formale dalla definizione di epidemia a quella di pandemia non ha soltanto un valore letterale ma porta con sé rilevanti ripercussioni sul piano pratico: il monito lanciato dal Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante il briefing di Ginevra è, infatti, un avvertimento a tutti i Paesi del mondo in ordine al fatto che la crisi epidemiologica, che attualmente sta dispiegando i suoi tragici effetti in Italia, si estenderà brevemente in tutti i continenti.

Su questo presupposto risulta allora interessante osservare – comparandole – quali misure, a livello europeo, i vari Stati hanno adottato per contenere il contagio e la diffusione del virus.

Il primo passo di questo percorso non può che essere mosso dal nostro Paese, finora il più toccato dalla crisi sanitaria e che detiene il tragico primato del numero dei morti. Tuttavia, paradossalmente, l’esecutivo italiano è stato il primo a muoversi a livello europeo, bloccando, fin da gennaio, i voli diretti da e per la Cina. In seguito, dalla notizia dei primi contagi nel nord del Paese, la strategia governativa è stata quella di adottare misure gradualmente più restrittive mediante lo strumento del Decreto Legge e dell’inedito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

In particolare, con sei Decreti Legge, il Consiglio dei Ministri, seguendo le direttive dell’Istituto Superiore di Sanità, ha gradualmente limitato gli spostamenti dei cittadini fino ad arrivare al definitivo lockdown con la previsione della chiusura anche di tutte le aziende non collegate a servizi essenziali o beni di prima necessità con la conseguente impossibilità per coloro che non operano in tali settori di muoversi all’interno del proprio comune di residenza se non per comprovate ragioni d’urgenza, di necessità o di salute.

  1. Il sistema italiano

La strada tracciata dall’Italia, seppur inizialmente con qualche ritardo dovuto a scetticismi sulla reale pericolosità e letalità del virus, è stata seguita anche dagli altri Stati europei (ed anche extra-europei come gli Stati Uniti), che hanno adattato – chi aumentandole e chi attenuandole – le misure restrittive di stampo italiano nei loro territori. Attualmente, la Svezia pare essere rimasto l’unico Paese deciso a continuare la sua regolare attività, non conformandosi, così, alle altre Nazioni occidentali. Sul punto, è interessante anche solo annotare la scelta operata da Israele, che ha previsto diverse misure per fasce d’età, più o meno a rischio rispetto ad altre.

Anche in questo caso, come in tutti gli altri avvenimenti drammatici che hanno segnato un’epoca (basti pensare all’incidente di Sarajevo del 1914), sarà la storia a dire chi ha avuto ragione. Per ora possiamo limitarci ad analizzare gli strumenti adottati per far fronte alla crisi; ed allora, esaminato il modello italiano, appare interessante evidenziare altri modelli normativi usati dai maggiori Paesi europei, Spagna, Francia e Germania.

La linea comune – oltre al pressoché medesimo stampo delle misure adottate – risiede nella circostanza che, dinanzi a tale emergenza, in tutti gli ordinamenti occidentali si è registrata un’inevitabile maggior attività dell’Esecutivo, in taluni casi anche grazie all’attivazione di particolari procedure di emergenza. Ad esempio, in Spagna è stato immediatamente dichiarato lo stato di allarme ai sensi della Costituzione; in Francia, invece, per agevolare l’attività del Governo è stata aperta la procedura accelerata di esame dei provvedimenti.

È evidente che questi protocolli straordinari di emergenza sono stati adottati, con diverse forme nei vari Paesi, perché le misure restrittive limitano fortemente i diritti costituzionali dei cittadini, tra tutte la libertà di movimento e di riunirsi. Ed allora, è chiaro come servisse una base costituzionale per legittimare questa compressione di diritti.

In Italia, come detto, si è scelto di usare lo strumento del Decreto Legge, che secondo l’art. 77, comma 2, della Costituzione può essere adottato in casi straordinari di necessità e urgenza.

In questo contesto i parlamenti nazionali, espressione della volontà dei cittadini, continuano ad avere una fondamentale importanza perché garantiscono, in sede di conversione dei provvedimenti, la proporzionalità e l’attualità degli stessi in relazione all’emergenza sanitaria. In Italia proprio gli scorsi giorni le camere si sono radunate, con un numero di esponenti notevolmente ridotto che permettesse di applicare la distanza minima di un metro, per ascoltare il resoconto del Presidente Conte in ordine alla gestione della crisi.

  1. Lo stato europeo: Francia e Spagna

Secondo una nota pubblicata dal Senato, in Francia, per garantire proprio il regolare svolgimento delle sedute dell’Assemblea nazionale, la stessa ha sposato l’inedita possibilità di voto per delega, precisando che la delega di voto sia sempre personale, redatta a nome di un solo deputato espressamente indicato e può essere trasferita con il previo accordo del delegante ad un altro delegato ugualmente indicato. Inoltre, la delega deve essere notificata al Presidente prima dell’apertura della votazione o della prima delle votazioni cui si applica.

Per snellire il procedimento di approvazione di una legge, come detto, il parlamento francese ha dato seguito alla richiesta della “procedura accelerata” da parte del Governo, ai sensi dell’articolo 45, comma terzo, della Costituzione, e dell’articolo 102 del Regolamento dell’Assemblea nazionale.

La Germania invece, per la gestione dell’attività parlamentare ha approvato un protocollo simile a quello italiano ed infatti la soluzione si è focalizzata su modalità di distanziamento delle presenze fisiche dei deputati, eventualmente anche abbassando il quorum di validità delle sedute.

Diversamente, in Spagna le soluzioni organizzative adottate dal Congresso dei deputati sulle modalità di svolgimento in senso stretto dei lavori parlamentari si sono concentrate sul voto a distanza, cui si sono affiancate misure restrittive inerenti alle altre attività effettuate all’interno dei palazzi istituzionali, con l’obiettivo di evitare il rischio del contagio sui luoghi di lavoro.

La soluzione spagnola – decisamente la più inedita ed innovativa – ha previsto, in particolare, l’abilitazione da parte della Presidenza del Congresso della votazione telematica con carattere generale. Sulla base di questa decisione, l’attività del parlamento già programmata è stata sospesa per due settimane dal 12 marzo.

4. Conclusioni

Risulta interessante annotare come, seppur ognuna con peculiari aspetti, le misure adottate e gli strumenti normativi utilizzati siano analoghi in quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea, che a livello di istituzione unica, paradossalmente, almeno per ora, non ha ancora adottato protocolli uniformi in tutto il territorio, creando in questo senso ostacoli alla gestione unica della pandemia, che come detto all’inizio, coinvolgerà ora tutti i Paesi.

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