Caso Vannini: Per la Cassazione è tutto da rifare

Di Antonio De Lucia -

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 134/2020, ha annullato con rinvio la precedente pronuncia della Corte d’Assise che aveva condannato Antonio Ciontoli (e i suoi familiari) per l’omicidio di Marco Vannini, riqualificando l’imputazione del principale imputato in quella di omicidio colposo e riducendo la pena da 14 a 5 anni di reclusione. Per gli Ermellini la vicenda non è conclusa e sarà necessario un appello-bis.

In effetti, i giudici della Suprema Corte hanno chiarito in maniera inequivocabile che: «Marco Vannini poteva essere salvato… con i soccorsi non sarebbe morto». La morte, a detta del Supremo Consesso, sarebbe stata cagionata dalle «lesioni causate dal colpo di pistola» dalla «mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto».

Nel dettaglio la Suprema Corte, tuttavia, si è soffermata sulla seconda parte della condotta che vide coinvolto non solo l’Ufficiale Antonio Ciontoli, ma anche i suoi familiari: a fronte dell’evidente ferimento del giovane Vannini, i soccorsi vennero ritardati, in particolare agli operatori del 118 e al personale paramedico furono fornite informazioni false e fuorvianti, la ferita, venne occultata.

Secondo i giudici, la morte del ragazzo sopraggiunse quale conseguenza delle lesioni causate dal colpo di pistola e della «mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, ne avrebbero scongiurato la morte.

Per la Corte è evidente la condotta omissiva (l’omissione di soccorso ex art. 593c.p.) posta in essere anche dai familiari, a differenza di quanto affermato dalla Corte d’Assiste d’Appello. Gli imputati, infatti, secondo la ricostruzione delle due sentenze, non appena avvertirono il forte rumore provocato dallo sparo, accorsero nella stanza da bagno e constatarono che il giovane era ferito.

Una sequenza di azioni, quella ricostruita dai Giudici in cui il sig. Ciontoli e i suoi familiari assunsero volontariamente verso Marco Vannini, rimasto ferito nella propria abitazione, un atteggiamento idoneo a configurare il venir meno del dovere di protezione e quindi un obbligo di impedire conseguenza dannose per i suoi beni, anzitutto la vita.

La Prima sezione penale della Corte di Cassazione ha così accolto i ricorsi del procuratore generale e delle parti civili, che avevano, essenzialmente, contestato la ricostruzione del fatto in termini di omicidio colposo, anziché doloso.

Di “una vicenda gravissima e quasi disumana”, aveva parlato il Pg Elisabetta Ceniccola nella sua requisitoria davanti alla prima sezione penale della Cassazione. In Appello l’omicidio volontario era stato derubricato in omicidio colposo, ma per l’accusa è ravvisabile la volontarietà nel gesto omissivo. Il Pg, in particolare, aveva chiesto di annullare anche le condanne a tre anni di reclusione per i familiari di Ciontoli. Richiesta sposata dalla Corte.

Disposto, dunque, il rinvio per un nuovo giudizio nei confronti di Antonio Ciontoli, F. Ciontoli, M. Ciontoli e M. Pezzillo ad altra sezione della stessa Corte d’Assise d’Appello. La Cassazione, si legge in una nota, «ha ritenuto allo stato assorbite le censure mosse alla sentenza dagli imputati F. e M. Ciontoli e M. Pezzillo, mentre ha rigettato il ricorso di Antonio Ciontoli, che censurava il riconoscimento dell’aggravante della previsione dell’evento morte e dell’eccessività della pena irrogata».

Annullata quindi la sentenza di secondo grado che aveva ridotto la condanna al principale imputato da 14 anni a 5 di reclusione e confermato l’assoluzione per V. G. e 3 anni di reclusione per la moglie di Antonio Ciontoli, M. P., e i loro due figli V. e F., il nuovo processo d’Appello contesterà a tutti i membri della famiglia Ciontoli l’omicidio volontario e non più quello colposo.

Scarica il documento in PDF Caso Vannini. Per la Cassazione è tutto da rifare

Scarica la Sentenza in PDF Corte Suprema di Cassazione n.134.2020. Caso Vannini

Tag:, ,